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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17645 - pubb. 30/01/2017.

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Cassazione civile, sez. I, 06 Maggio 1991. Est. Pannella.

Fallimento - Ripartizione dell'attivo - Ordine di distribuzione - Partecipazione dei creditori tardivi - Effetti dell'ammissione tardiva - Decorrenza


In tema di fallimento, ai fini della partecipazione del creditore ammesso tardivamente alla successiva ripartizione dell'attivo (art. 112 legge fall.) gli effetti dell'ammissione tardiva del credito con decreto del giudice delegato non possono decorrere dalla data della domanda di ammissione al passivo ovvero alla data della prima udienza successiva, fissata dal giudice delegato, ma si verificano solo dopo la realizzazione delle condizioni richieste dall'art. 101, terzo comma, legge fall., e cioè quando in mancanza di contestazioni da parte del curatore circa l'ammissione del nuovo credito il giudice delegato lo ritenga fondato, ancorché tali condizioni intervengano con ritardo rispetto alla detta udienza precludendo così la partecipazione del creditore ad un riparto "medio tempore" espletato. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Giuseppe SCANZANO Presidente

" Antonio SENSALE Consigliere

" Pietro PANNELLA Rel. "

" Vincenzo BALDASSARRE "

" Vincenzo CARBONE "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

S.P.A. CREDITO ITALIANO già Banca Agricola Commerciale di Reggio Emilia, in persona del legale rappr. in carica, elettiv. dom.ta in Roma, Viale Gioacchino Rossini, 9 presso l'Avv. Prof. Natalino Irti, che la rappr. e difende, unitamente all'Avv. Luigi Corradi, giusta delega in calce al ricorso.

Ricorrente

contro

FALLIMENTO TECNIK ELETTRA, in persona del Curatore Dr. Carlo Molinari.

Intimato

Avverso il decreto del Tribunale di Modena del 13.5.1986;

Udita la relaz. svolta dal Cons. Rel. dott. P. Pannella;

Udito per il ricorr. l'Avv. Cabras con delega;

Udito il P.M. Dr. Renato Golia, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del primo motivo del ric. con l'assorbimento del secondo motivo.

(N.D.R.: La discordanza fra i nomi delle Parti citate nell'intestazione e nel testo della sentenza è nell'originale della sentenza).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La S.p.A. Credito Emiliano depositava in data 10 ottobre 1980 presso la cancelleria fallimentare del Tribunale di Modena istanza tardiva di insinuazione al passivo del fallimento della Teknica Elettra. Fissata l'udienza di comparizione il 14 novembre 1980, tuttavia il credito veniva ammesso solo il 10 novembre 1981, dopo una serie di rinvii.

La conseguenza fu che il creditore non veniva ammesso a partecipare al primo riparto del 23 aprile 1981.

Il giudice delegato con decreto del 22 marzo 1986 respingeva la richiesta del Credito Emiliano di vedersi assegnato sul primo riparto la quota nella misura del 30%, già attribuita agli altri creditori chirografari. Successivamente il Tribunale con decreto del 13.5.1986 rigettava il reclamo proposto dall'istituto bancario, sostenendo:

a) che il Credito Emiliano non aveva titolo per partecipare al primo riparto in quanto l'art. 112 L.F. consente ai creditori tardivi di partecipare solo alle ripartizioni successive all'ammissione al passivo;

b) che si appalesava manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per disparità di trattamento tra il credito ammesso in sede di udienza di comparizione e quello ammesso a seguito di giudizio contenzioso;

c) che, infatti a prescindere dall'imputabilità del ritardo al creditore tardivo e dalla notazione che l'ultimo comma dell'art. 101 L.F. riguarda le spese processuali, e non già il diritto di partecipare al riparto della liquidazione del ricavato fallimentare, non vi sarebbe mai differenza di trattamento tra i due "tipi" di creditori, in quanto si tratterebbe soltanto di ammissione allo stato passivo del credito nel rispetto del dato letterale dell'art. 112 L.F., in base al quale il creditore ammesso tardivamente può partecipare soltanto alle ripartizioni posteriori alla sua ammissione se il ritardo (come nella specie) era a lui imputabile. Avverso la decisione sul reclamo ricorre per cassazione il Credito Emiliano ex art. 111 Cost., con due motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col 1 motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 101, 110 e 112 R.D. 16.3.1942 n. 267, si duole che il Tribunale abbia fatto ricadere gli effetti dell'inerzia dell'Ufficio sul creditore ammesso al passivo tardivamente non alla prima udienza di cui al 3 comma dell'art. 101 della legge fallimentare ma dopo circa un anno di ritardo, dopo una serie di rinvii.

Sostiene che, al fine di escludere il danno derivante dalla mancata partecipazione al riparto "medio tempore" espletato, il giudice avrebbe dovuto interpretare il suindicato comma dell'art. 101 L. fall. nel senso che l'ammissione tardiva del credito con decreto del giudice delegato faccia risalire gli effetti di essa alla data della domanda o, quanto meno, alla data della prima udienza fissata dal giudice medesimo.

La censura non va condivisa, essendo essa propugnatrice di una esegesi non conciliabile con la lettera e la "ratio" del combinato disposto degli artt. 101 e 112 della legge fallimentare nonché dei principi generali propri del sistema della procedura concorsuale, improntato alle concentrazioni degli atti ed alle celerità delle operazioni di liquidazione e di riparto.

La testuale espressione della prima parte dell'art. 112 L. fall. "I creditori ammessi a norma dell'art. 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione" si concilia - nella sua interpretazione letterale - col disposto della prima parte e del 3 co. dell'art. 101, secondo cui all'udienza di comparizione del creditore tardivo e del curatore davanti al giudice delegato, il primo viene ammesso al passivo se il secondo non di oppone e se il giudice ritiene fondato il credito.

È evidente che, attesa la fisiologia dei comportamenti processuali e la preparazione delle parti nella formulazione delle richieste al giudice alla luce della documentazione correttamente approntata, non v'è motivo di alterare l'interpretazione letterale della normativa "de quo". Nè valido motivo può invocarsi - per tale scopo - nella patologia dei comportamenti, ravvisabile nella protrazione dell'indicata udienza oltre i limiti di un ragionevole e congruo rinvio con l'inspiegabile, oltre che ingiusto, addebito all'Ufficio fallimentare.

È sufficiente considerare - di là da qualsiasi indagine sull'anomalia del lungo rinvio della (prima) udienza - che alla "parte processuale" l'ordinamento giuridico fornisce gli opportuni "strumenti giuridici" sia per ottenere l'immediato soddisfacimento delle proprie richieste e sia per impugnare i provvedimenti ordinatori o decisori lesivi dei suoi interessi o diritti: e ciò nella specie il creditore avrebbe potuto fare - tra l'altro - intimando al curatore di esprimere il suo definitivo parere prima di predisporre il riparto parziale e ricorrendo al giudice delegato ed eventualmente al tribunale per ottenere che a quel riparto si soprassedesse fino a quando non si fosse provveduto sulla sua domanda.

In sostanza, l'inerzia della parte della cura dei propri interessi non può che far ricadere sulla parte stessa gli effetti nocivi da essa derivanti, secondo il noto adagio: "Imputet sibi". A questo proposito giova altresì, e soprattutto, rilevare che ai sensi dell'art. 112 legge fall. il ritardo che determina la esclusione dei riparti precedenti - e la cui non imputabilità consente invece di beneficiarne - non è il ritardo del provvedimento di ammissione, ma il ritardo nella presentazione della domanda. La quale, ex art. 101, è tardiva quando sia stata presentata dopo il decreto previsto nell'art. 97. Ed il ritardo del creditore nella presentazione della domanda di ammissione, quando gli sia nota la dichiarazione di fallimento, non può essere imputata che a lui, tanto più che egli ai sensi dell'art. 95 2 co. può anche essere ammesso con riserva di presentazione dei documenti, e beneficiare, per tal via, dell'accantonamento in occasione dei riparti cui intanto si faccia luogo (art. 113 n. 2).

Col 2 motivo la ricorrente ripropone la questione di legittimità costituzionale dell'interpretazione suesposta (desunta dal combinato disposto degli artt. 101, 110, 112 legge fall.) in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, prospettando disparità di trattamento fra i "creditori tardivi" ammessi con decreto dal giudice delegato e quelli ammessi, invece, con sentenza del Tribunale, là dove solamente questi ultimi sono ammessi a prelevare dalle successive ripartizioni le quote che sarebbero loro spettate su quelle precedenti se provano che il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile.

La questione è manifestamente infondata se si osserva che essa viene proposta con riferimento ad una situazione fattuale in cui i termini del raffronto non sono omogenei.

Non può infatti escludersi che anche il decreto di cui al 3 comma dell'art. 101 possa dare atto alle ragioni che giustificano il ritardo, e produrre gli effetti previsti dalla seconda parte dell'art. 112.

Peraltro, qui non si discute della non imputabilità del ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione al passivo oltre il termine previsto nella sentenza dichiarativa del fallimento (art. 16 n. 5 L. fall), cui fa riferimento la seconda parte dell'art. 112 L. fall., ma si controverte sull'imputabilità del ritardo, oltre l'udienza di comparizione davanti al giudice, ex art. 101, 3 co. L. fall., nell'ammissione del credito proposto tardivamente (oltre l'udienza di cui all'art. 16 n. 5 L. fall.). Su tale ultima tardività non v'è questione, come si evince dal provvedimento impugnato che ne fa addebito alla parte istante.

È conseguenziale, dunque, ritenere che, di fronte alle osservazioni che si leggono a commento negativo del 1 motivo del ricorso, anche il 2 motivo va respinto.

Nessuna pronuncia va emessa sulle spese, non essendosi costituito il fallimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso nulla per le spese.

Roma 21.2.1990.