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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17591 - pubb. 30/01/2017.

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Cassazione civile, sez. I, 03 Giugno 2004, n. 10578. Est. Cappuccio.

Fallimento - Ripartizione dell'attivo - Ordine di distribuzione - Partecipazione dei creditori tardivi - Ammissione al passivo ai sensi dell'art. 71 legge fall. - Ipotesi legale di non imputabilità del ritardo - Configurabilità - Esclusione


In tema di partecipazione al riparto dell'attivo fallimentare dei creditori tardivi, l'art. 71 legge fall. - che prevede l'ammissione al passivo di chi, per effetto del positivo esperimento dell'azione revocatoria da parte del curatore, abbia restituito quanto aveva ricevuto dal fallito - non configura una ipotesi di accertamento "ex lege" della non imputabilità al creditore del ritardo nella insinuazione al passivo, atteso che ciò - risolvendosi nell'assunto della specialità dei crediti concorsuali nascenti dall'esito positivo della revocatoria e, quindi, della retroattività assoluta della loro insinuazione, con effetto dirompente sull'attività di accertamento del passivo e di riparto dell'attivo - è privo di riscontro nel sistema, il quale, se non considera illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria, non apprezza, però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente -

Dott. CAPPUCCIO Giammarco - rel. Consigliere -

Dott. ADAMO Mario - Consigliere -

Dott. CELENTANO Walter - Consigliere -

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BANCA POPOLARE di BERGAMO / CREDITO VARESINO coop. A.r.l., in persona del Procuratore del Servizio legale Dott. Renato Marchi, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini 6, presso l'avv. Pasquale Scrivo, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Lolita giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO NEVA s.p.a., in persona del curatore Dr. Alberto Facella, elettivamente domiciliato in Roma, viale Bruno Buozzi 99, presso l'avv. prof. Carmine Punzi, che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Pierfranco Leonzi giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso il decreto del Tribunale di Brescia reso il 28.02/08.03.01 nel proc. fall, in oggetto.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/12/03 dal Relatore Cons. Dott. G. Cappuccio;

Udito l'avv. Iannone, con delega, per il fallimento;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Golia Aurelio che ha concluso per l'inammissibilità od il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Banca Popolare di Bergamo / Credito Varesino chiedeva -con istanza 18/22.02.99- e veniva - con decreto del G.D. 29.04.99 - ammessa al passivo del fallimento della Neva s.p.a. per il credito chirografario di L..230.000.000, pari all'importo versato alla curatela in adempimento dell'accordo transattivo che aveva definito la causa di revocatoria fallimentare promossa dalla curatela con citazione notificata il 21.02.96 e quindi successivamente non solo alla chiusura dello stato passivo (dichiarato esecutivo con provvedimento del G.D. 19.07.94), ma anche al primo ed al secondo progetto di riparto dell'attivo.

In sede di formazione del terzo piano di riparto insorgeva contrasto, ritenendo la Banca di aver diritto a prelevare dall'attivo anche le quote - del 30% - che le sarebbero spettate nelle precedenti ripartizioni e limitando invece la curatela il prelievo alla sola ripartizione in atto.

Contro il decreto del G.D., che decideva in conformità delle richieste della curatela, la Banca proponeva reclamo al Tribunale di Brescia, che con provvedimento 28.02/08.03.01 lo rigettava. Osservava il Tribunale che ai sensi dell'art. 112 L.F. i creditori ammessi tardivamente concorrono solo alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione, salvo che venga giudizialmente accertato che il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile, accertamento che nel caso non era intervenuto e che non poteva essere effettuato in sede di osservazioni al piano di riparto, dato il circoscritto oggetto di tale incombente. Comunque, dal momento che la resistenza alla azione revocatoria è espressione di una libera scelta del creditore resistente, di tale scelta doveva sopportare te conseguenze in caso di soccombenza mentre, in caso di transazione, il diritto di partecipare ai precedenti riparti avrebbe dovuto essere - e non era stato - previsto nel provvedimento autorizzativo.

Per la cassazione del decreto del tribunale ricorre la Banca Popolare di Bergamo / Credito Varesino, assumendo, con atto notificato il 17.05.01, la violazione degli artt. 71 e 112 L.F.

Resiste, con controricorso notificato il 14.06.01 e con memoria, la curatela fallimentare.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo di ricorso sostiene la Banca che l'art. 71 L.F. costituisce una norma di chiusura del sistema revocatorio fallimentare, che individua il momento in cui il credito concorsuale viene ad esistenza nella concreta restituzione di quanto forma oggetto dell'atto revocato e, significativamente, non qualifica la ammissione di tale credito come tardiva. Se si considera che poi, come nel caso in esame, l'azione revocatoria è stata esperita dopo la chiusura dello stato passivo e dopo la parziale ripartizione dell'attivo, risulta esclusa in radice la configurabilità di un ritardo imputabile al creditore. Sarebbe del resto ingiusto che il creditore venisse escluso dal beneficio del suo stesso versamento, in violazione del principio della par condicio di cui la norma in questione costituisce espressione. Non si poteva, infine, affermare che la Banca era responsabile del ritardo per aver resistito alla domanda revocatoria, perché, nel momento in cui era stato eseguito a favore della banca il pagamento oggetto di revocatoria, nessuna norma vietava di pagare e di ricevere il pagamento; non vi era stato, data la definizione transattiva, alcun accertamento che la revocatoria fosse fondata; la revocatoria era stata proposta molto tempo dopo l'adozione del provvedimento di cui all'art. 97 L.F. L'assunto della ricorrente, che l'art. 71 L.F. introdurrebbe una deroga al disposto degli artt. 97, 101, 112 L.F., sia nel senso che costituirebbe la norma di chiusura di una disciplina speciale, sottratta alla normale disciplina dell'accertamento del passivo concorsuale, sia nel senso che integrerebbe, ai sensi dell'art. 112 L.F., una ipotesi di ritardo scusabile ex lege, non appare fondato. La insinuazione costituisce una domanda, la cui verifica si conclude con l'ammissione (artt. 94 e 101 L.F.); lo stato passivo, una volta dichiarato esecutivo e non impugnato, disciplina i riparti tra i creditori ammessi e, specularmente, la regola dettata dall'art. 112 L.F. è che il creditore insinuatosi tardivamente partecipa ai riparti successivi alla ammissione della sua insinuazione (non dissimilmente da quanto, per l'esecuzione ordinaria, prevedono gli artt. 528 e 565 c.p.c.). L'eccezione alla regola richiede che il ritardo dipenda da errore scusabile (ovverosia che il ritardo non sia imputabile) e, quindi, si collega ad un apprezzamento del comportamento del creditore che rientra nella competenza del giudice di merito e che si sottrae al controllo della Cassazione quando, come nel caso, è ammesso il ricorso solo per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 Costituzione (Cass. 1401/96; 2433/95; 10736/94, citate dalla ricorrente), e la motivazione del provvedimento impugnato è sussistente e consistente.

L'affermazione che l'art. 71 L.F. configura una ipotesi di accertamento ex lege della non imputabilità del ritardo si risolve nell'assunto della specialità dei crediti concorsuali nascenti dall'esito positivo della revocatoria e, quindi, della retroattività assoluta della loro insinuazione. La conclusione appare non solo ultronea, dal momento che, in tal modo, il credito da restituzione ex art. 71 L.F. - e solo tale credito - potrebbe essere insinuato, a discrezione dell'interessato, in qualsiasi momento della procedura, con effetto dirompente sull'attività, di accertamento del passivo e di riparto dell'attivo, già svolta; ma è priva di riscontro nel sistema che, se non considera illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria (la ricorrente richiama la decisione 5443/96 S.U.) non apprezza però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela. Gli ulteriori rilievi della ricorrente, sulla impossibilità di una insinuazione tempestiva perché la revocatoria venne proposta dopo la chiusura dello stato passivo, anzi dopo il primo riparto di attivo;

sulla assenza di accertamenti sulla fondatezza della azione, perché l'accordo transattivo intervenne prima della definizione del giudizio; sulla ingiustizia di escludere il creditore "dai benefici derivanti dal suo stesso versamento a favore dei restanti creditori chirografari" (rilievo che si collegherebbe, da un lato, alla distribuzione, con il secondo riparto, di quanto dalla banca versato e, dall'altro, alla impossibilità, per la banca, di partecipare a tale riparto perché il diritto ad insinuarsi al passivo sorge solo per effetto del versamento) attengono al giudizio di merito e non possono quindi essere esaminati in questa sede, ne' sotto il profilo di un riesame del merito della controversia ne' setto il profilo - dato il già richiamato limite del giudizio ex art. 111 Cost.- di asserite carenze motivazionali. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi E. 4.100,00, di cui E. 100,00 per spese vive, oltre alle spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2003.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2004