Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14058 - pubb. 26/01/2016

In materia di pegno rotativo

Cassazione civile, sez. I, 22 Dicembre 2015, n. 25796. .


Titoli di credito – Pegno sui titoli di credito – Natura

Garanzie – Pegno rotativo



I titoli di credito costituiscono una categoria intermedia tra diritti e beni, perché, come da tempo si osserva, la cosa è oggetto di diritto reale ed il credito incorporato esprime un diritto relativo (cfr. Cass. 23 ottobre 1998, n. 10526, che parla del pegno sui titoli “quale vero e proprio diritto reale limitato sui titoli” e Cass. 26 aprile 1999, n. 4208, secondo cui il pegno di titoli “non costituisce un tertium genus distinto e alternativo rispetto al pegno su cose mobili e al pegno di crediti, ma rientra, sotto l’aspetto strutturale e costitutivo, nell’ambito tipologico del primo, pur partecipando, in certo qual modo, della natura del secondo in virtù del fenomeno della incorporazione del diritto nel titolo”). Pertanto, il pegno sui titoli resta diritto reale sulla res (salvo considerare gli effetti su tale affermazione del regime di dematerializzazione dei titoli, che qui non viene in discussione). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Il pegno rotativo – individuato come il contratto caratterizzato dal “patto di rotatività”, con il quale le parti convengono la variabilità dell’oggetto del pegno secondo modalità concordate ab initio e con continuità della garanzia, nonostante il variare dei beni che ne costituiscono l’oggetto, la cui sostituzione non fa venire meno quindi l’identità del rapporto giuridico, è lecito ex art. 1322 c.c. trattandosi di un contratto sorto nella prassi bancaria, allo scopo di risolvere un problema postosi in tema di pegno di titoli di credito, la cui scadenza è spesso più ravvicinata della prevedibile durata del rapporto di garanzia. Il riconoscimento della validità del patto si fonda anche sulla considerazione che i terzi non vengono pregiudicati, in quanto i titoli nuovi rappresentino il reinvestimento di quelli scaduti e dunque siano di valore uguale o inferiore. In tal modo, il c.d. patto di rotatività, in virtù del quale si prevede, fin dall’origine, la sostituzione totale o parziale dei beni oggetto della garanzia, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico, è idoneo a salvaguardare la continuità del rapporto, facendosi risalire alla consegna dei beni originariamente costituiti in garanzia gli effetti della loro surrogazione. La sussistenza dei requisiti di cui all’art. 2787, 3 comma, c.c., va valutata con riferimento all’atto di costituzione del pegno e non ai successivi atti, pure scritti, i quali ne rappresentano un mero rinnovo, attraverso la sostituzione del titolo originariamente costituito in garanzia e nel frattempo venuto a scadenza, secondo l’espressa previsione del contratto originario che conteneva la clausola di rotatività, in tal modo quindi espressamente prevedendo l’assoggettamento all’originario vincolo dei titoli eventualmente depositati, con il consenso della banca, in sostituzione di quelli inizialmente consegnati, tale appunto essendo il portato essenziale di detta clausola. Ai fini dell’avvicendamento dei beni nel patrimonio del garante, la verifica dei requisiti previsti dall’art. 2786 c.c. non va dunque operata dal giudice del merito anche con riguardo ai successivi atti di trasferimento del vincolo: la consegna del bene sostitutivo, con il conseguente effetto traslativo del diritto reale su di esso, si configura come elemento di una fattispecie a formazione progressiva, che trae origine dall’accordo stipulato con il patto di rotatività, nella quale la volontà delle parti è perfetta già al momento dell’accordo (se sussiste certezza della data e sono determinati il credito da garantire e la cosa da offrire in garanzia) e l’eventuale sostituzione dei beni oggetto della garanzia si pone come un elemento meramente materiale. Il portato del patto di rotatività – col quale soprattutto si pone l’accento, in luogo che sulla individualità dei beni oggetto della garanzia, sul relativo valore economico – è appunto, in una fattispecie progressiva, nella sostituzione dell’oggetto del pegno senza necessità di ulteriori pattuizioni e, quindi, nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni originariamente dati in pegno. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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