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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 12612 - pubb. 13/05/2015.

Crediti contestati nel concordato preventivo. Opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo privo della dichiarazione di esecutorietà. Codice antimafia e concordato preventivo. Concordato misto,disciplina applicabile


Tribunale di Forlì, 24 Dicembre 2014. Pres., est. Pazzi.

Concordato Preventivo – Crediti contestati – Trattamento degli stessi nella proposta di concordato – Regolazione del diritto di voto – Disciplina – Distinzione

Concordato Preventivo – Trattamento nel piano del creditore con ipoteca non consolidata – Collocazione privilegiata del relativo credito – Ammissibilità

Concordato preventivo – Concordato misto – Continuità aziendale e liquidazione di beni non funzionali all'impresa – Applicazione della disciplina più confacente alle varie parti del piano

Concordato preventivo – Concordato misto – Nomina del liquidatore giudiziale nella persona del commissario giudiziale o nella persona del liquidatore della società – Inammissibilità – Conflitto di interessi – Sussistenza – Incompatibilità ex art. 28 L.F.

Concordato preventivo – Codice Antimafia (D. Lgs. 6 settembre 2011 n.159) – Provvedimento di confisca intervenuto nella fase di esecuzione del concordato – Destinazione ai creditori concordatari del 60 % del ricavato della vendita del bene confiscato


Non va confusa la disciplina del voto da attribuire ai crediti contestati rispetto al trattamento riservato agli stessi all’interno della proposta concordataria.
Quanto al primo profilo, la presentazione del concordato non può costituire un pregiudizio per il debitore sul piano della possibilità di contestare la fondatezza di pretese economiche avanzate da terzi nei suoi confronti.
L’art. 2424 bis terzo comma c.c. offre in tal senso un criterio valido anche in ambito concordatario; in particolare, detto articolo impone in linea generale di iscrivere nel passivo dello stato patrimoniale un fondo se sia certo o anche solo probabile che in futuro vi sarà una perdita o maturerà un debito allo stato non agevolmente determinabile nell’ammontare e/o nella data di insorgenza; è necessario invece menzionare nella nota integrativa l’esistenza del rischio che l’impresa sia chiamata a pagare un debito contestato possibile, mentre non vi è l’obbligo di iscrizione del rischio remoto, vale a dire del rischio che ha scarsissime possibilità di verificarsi.
Allo stesso modo in ambito concordatario i crediti contestati andranno inclusi nella relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa ai sensi dell’art. 161 secondo comma lett. a) l. fall, ma saranno ammessi al voto, in parallelo con quanto avviene in sede di redazione dello stato patrimoniale, solo qualora la loro esistenza possa ritenersi probabile.
Il legislatore ha così espressamente previsto la possibilità che il debitore o un suo creditore contestino la sussistenza o l’ammontare di un credito incluso o meno nell’elenco rettificato dal Commissario ex art. 171 primo comma l. fall. attribuendo al Giudice Delegato il potere di statuire in ordine ad esso, esercitando un sindacato di verosimiglianza e probabilità, unicamente ai fini della partecipazione del titolare al voto, ex art. 176 l. fall.
Rispetto al trattamento da riservare all’interno della proposta concordataria ai crediti contestati è necessario invece sottolineare come il debitore sia l’unico arbitro del contenuto della stessa, che non può essere in alcun modo integrata dal G.D. alla procedura o dal Tribunale.
Dunque il debitore ha l’obbligo di rendere manifesta l’esistenza del credito in contestazione ai creditori ma ha il diritto di non prevedere alcun pagamento se ritiene che lo stesso non sia dovuto; saranno poi i creditori, nell’ambito del giudizio di fattibilità economica del piano loro riservato, a valutare il rischio che il debitore rimanga invece soccombente e che di conseguenza si ampli il novero dei crediti da soddisfare con l’attivo disponibile.
(Fattispecie in cui la società debitrice, pur rappresentando ai creditori l’esistenza di debiti contestati derivanti da imposta di registro e da comunicazione di irregolarità a seguito di liquidazione del modello IVA per il 2011, ha ritenuto di non dover indicare questi importi fra le passività potenziali).

L’orientamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alla non opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo privo della dichiarazione di esecutorietà apposta in epoca anteriore all’inizio della procedura (si veda in questo senso, ex multis, Cass. 13.1.2014 n.2112) trova giustificazione in funzione dell’insinuazione al passivo fallimentare del relativo credito e si fonda sulla non opponibilità alla massa dei creditori di un credito e della relativa iscrizione ipotecaria che non abbia acquisito il crisma del giudicato in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento, ma non può estendersi in ambito concordatario, dove il debitore rimane in bonis e deve giocoforza far fronte ai titoli di prelazione legittimamente acquisiti nei suoi confronti, a prescindere dalla loro definitività alla data dell’avvio della procedura.
(Fattispecie di concordato preventivo in cui la società proponente ha considerato in privilegio un credito assistito da ipoteca iscritta in forza di decreto ingiuntivo solo provvisoriamente esecutivo).

Al concordato c.d. misto, il quale preveda cioè sia la continuità aziendale sia la liquidazione di determinati elementi dell'impresa, deve essere applicata la disciplina volta a volta più confacente con la porzione di piano concordatario che viene in esame, facendo così applicazione in ambito concorsuale della generale disciplina del contratto misto, attesa la natura negoziale del piano concordatario approvato dalla maggioranza dei creditori (si veda, Cass. sez. un. 12.5.2008 n. 11656).
(Fattispecie di concordato preventivo in cui l’elemento prevalente è rappresentato dalla liquidazione del patrimonio immobiliare, essendo la continuità aziendale funzionale alla migliore gestione dello stesso. Il Tribunale osserva, alla luce di quanto statuito, “che nella fase esecutiva del concordato l’imprenditore avrà la disponibilità dei beni e si farà carico della gestione dell’impresa, avendo cura di non intralciare in alcun modo la dismissione del compendio mobiliare e immobiliare; i liquidatore giudiziali invece si preoccuperanno della liquidazione degli assets costituenti l’attivo, si faranno carico dell’organizzazione della relativa attività e del riparto delle risorse così ottenute; il nominando comitato dei creditori avrà voce per l’autorizzazione delle sole operazioni ricollegate alla dismissione del compendio costituente l’attivo”).

L’ufficio di liquidatore giudiziale non può essere assunto dalla persona già in carica come liquidatore della società ovvero che abbia svolto il pregresso ruolo di commissario giudiziale, il quale non può cumulare la funzione gestoria con quella di sorveglianza dell’adempimento del concordato (cfr. Cass. 1237/2013).

La semplice richiesta  di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale avanzata dal Pubblico Ministero nelle more del giudizio non è astrattamente idonea a compromettere la fattibilità economica del concordato. Il codice antimafia disciplina i rapporti fra fallimento e provvedimenti di sequestro o confisca, prevedendo che la confisca dei beni aziendali prevale sulla disciplina concorsuale, in quanto deve essere privilegiato l’interesse pubblico perseguito dalla normativa antimafia rispetto all’interesse meramente privatistico della par condicio creditorum perseguito dalla normativa fallimentare; in questa prospettiva i beni assoggettati a sequestro o confisca sono esclusi dalla massa attiva del fallimento.
Se l’imprenditore proponente il concordato è destinatario della proposta di una misura di prevenzione patrimoniale, egli non si sottrae alla disciplina che regola la gestione del patrimonio di un qualsiasi soggetto in bonis, con l’unica differenza che la sua esposizione debitoria andrà considerata, ex art. 184 l. fall., nella misura falcidiata all’esito della procedura concorsuale minore.
In caso di provvedimento di confisca ci sarà un definitivo pregiudizio all’esecuzione del concordato, dal momento che i terzi potranno comunque veder destinata alla loro soddisfazione solamente una percentuale (60%) del ricavato dalla vendita dei beni sequestrati o confiscati, secondo il limite previsto dal successivo art. 53 del D. Lgs. 159/2011, di modo che anche una liquidazione dell’attivo che rispetti le previsioni di piano non sarebbe comunque sufficiente a soddisfare nella misura promessa il ceto creditorio.
(L’art. 53 del D. Lgs. 159/2011, come modificato dalla legge 147/2013, prevede che “ I crediti per titolo anteriore al sequestro, verificati ai sensi delle disposizioni di cui al capo II, sono soddisfatti dallo Stato nel limite del 60 per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati, risultante dalla stima redatta dall'amministratore o dalla minor somma eventualmente ricavata dalla vendita degli stessi”). (Astorre Mancini) (riproduzione riservata)

Segnalazione di Astorre Mancini, Avvocato in Rimini
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