Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11951 - pubb. 26/01/2015

Lo stato passivo esecutivo è assimilabile al titolo esecutivo giudiziale nell'esecuzione individuale e determina la misura del credito da soddisfarsi con il riparto; l'interpretazione del decreto di esecutività è un apprezzamento di fatto

Cassazione civile, sez. I, 20 Gennaio 2015, n. 892. Est. Di Amato.


Espropriazione individuale - Interpretazione del titolo esecutivo - Sentenza passata in giudicato - Apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità

Fallimento - Stato passivo - Interpretazione - Controversie in sede di ripartizione dell'attivo del fallimento - Decreto di esecutività dello stato passivo - Assimilabilità al titolo esecutivo dell'esecuzione individuale - Interpretazione del decreto di esecutività dello stato passivo - Apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità



In tema di azione individuale, l'interpretazione del titolo esecutivo consistente in una sentenza passata in giudicato, compiuta dal giudice dell'opposizione a precetto o all'esecuzione, si risolve nell'apprezzamento di un fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità sé esente da vizi logici e giuridici, senza che possa diversamente opinarsi alla luce dei poteri di rilievo ufficioso e di diretta interpretazione del giudicato esterno da parte del giudice di legittimità, atteso che, in sede di esecuzione, la sentenza passata in giudicato, pur ponendosi come "giudicato esterno" (in quanto decisione assunta fuori del processo esecutivo), non opera come decisione della controversia, bensì come titolo esecutivo e, pertanto, al pari degli altri titoli esecutivi, non va intesa come momento terminale della funzione cognitiva del giudice, bensì come presupposto fattuale dell'esecuzione, ossia come condizione necessaria e sufficiente per procedere ad essa (Cass. 14 gennaio 2011, n. 760; Cass. 6 luglio 2010, n. 15852; Cass. 9 agosto 2007, n. 17482; Cass. 25 marzo 2003, n. 4382; Cass. 9 agosto 2007, n. 14727). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

In sede di ripartizione dell'attivo del fallimento, oggetto della cognizione del giudice delegato sono solo le questioni relative alla graduazione dei crediti ed all'ammontare della somma distribuita, restando esclusa la proponibilità, in tale sede, di ogni altra questione relativa all'esistenza, qualità e quantità dei crediti e dei privilegi, in quanto riservata in via esclusiva al procedimento dell'accertamento del passivo (ex plurimis e da ultimo Cass. 10 giugno 2011, n. 12732). Pertanto ancorché non possa parlarsi propriamente di titolo esecutivo, il decreto di esecutività dello stato passivo svolge nella procedura fallimentare la stessa funzione svolta dal titolo esecutivo giudiziale nell'esecuzione individuale e cioè determina la misura del credito che può essere soddisfatta coattivamente. Ne consegue che anche l'interpretazione del decreto di esecutività dello stato passivo, come quella del titolo esecutivo giudiziale nell'esecuzione individuale, si risolve nell'apprezzamento di un fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità sé esente da vizi logici o giuridici, e non consiste in una interpretazione che si risolve nella ricerca del significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è portatore e che richiede l'applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici prescritti dall'articolo 12 e seguenti d.p.c.c., in ragione dell'assimilabilità per natura ed effetti dei provvedimenti giurisdizionali agli atti normativi (per tale assimilazione v. Cass. s.u. 9 maggio 2008, n. 11501). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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