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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14246 - pubb. 23/02/2016.

Protezione internazionale: il richiedente nigeriano non ha diritto alla protezione, nemmeno umanitaria, se gli episodi allegati sono del tutto episodici


Tribunale di Milano, 04 Marzo 2015. Est. Martina Flamini.

Protezione internazionale – Richiedente Nigeriano – Situazione della Nigeria – Pericolo grave per la incolumità delle persone – Protezione sussidiaria – Sussiste

Protezione internazionale – Art. 8 direttiva 2004/83/CE – Onere del richiedente di stabilirsi in una parte sicura del Paese – Norma non trasposta dal Legislatore italiano – Conseguenze – Non applicabilità


In Nigeria al momento sussiste una situazione di pericolo grave per l’incolumità delle persone derivante da violenza indiscriminata ancora presente in loco, dal quale discende ex art. 14 lett. c) D. L.vo 251/07 il diritto di alla protezione sussidiaria (con orientamento condiviso anche da parte della giurisprudenza di merito, cfr. Corte d’Appello di Roma, 4.2.2012; Tribunale di Roma 13.12.2012; Tribunale di Bologna 4.3.2013). In particolare, l’intero territorio della Nigeria era ed è caratterizzato da un clima di violenze diffuse ed indiscriminate a causa di conflitti armati tra cristiani e musulmani. La stampa internazionale ha dato conto di sanguinosi scontri che hanno interessato la popolazione inerme e ancora oggi gli organi di stampa diffondono informazioni di violenze. I luoghi di culto cristiani in Nigeria sono diventati il principale obiettivo degli islamisti di Boko Haram, un gruppo legato ad Al Qaida, che si propone non solo di instaurare un califfato islamico nel nord del Paese, ma anche quello, più ambizioso e pericoloso, di innescare una guerra civile interreligiosa. Nella capitale Abuja si sono registrati diversi attentati di matrice terrorista. In occasione di ricorrenze particolari, principalmente legale a festività, religiose o laiche, si registrano allarmi su possibili attentati ad edifici pubblici, centri commerciali mercati e agli alberghi che ospitano edifici pubblici, centro commerciali, mercati e agli alberghi che ospitano clientela internazionale della capitale. Il sito per l’Istituto per il Commercio estero evidenzia che “un altro problema è la violenza dovuta alla criminalità comune, diffusa in generale in tutto il Paese ma con zone ad alto rischio per la sicurezza personale nel Sud, soprattutto nell’area del Delta del Niger e nella città di Lagos, e agli scontri interetnici e/o interreligiosi nel centro e nel Nord”. Inoltre, dopo un periodo di tregua, il MEND è tornato alla guerriglia. I gravi e continui scontri presenti su tutto il territorio nigeriano rendono pertanto estremamente difficoltosa l’individuazione di posizioni consolidate di forza o di stati maggiormente sicuri e delineano, al contrario, proprio un quadro socio politico caratterizzato dal pericolo di gravi danni alla persona che la protezione sussidiaria mira ad evitare. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L'art. 8 della direttiva 2004/83/CE recante norme sulla qualifica di rifugiato e sulla protezione minima riconosciuta prevede che "Nell'ambito dell'esame della domanda di protezione internazionale, gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessita di protezione internazionale se in una parte del territorio del paese d'origine egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del paese. Nel valutare se una parte del territorio del paese d'origine è conforme al paragrafo 1, gli Stati membri tengono conto delle condizioni generali vigenti in tale parte del paese nonchè delle circostanze personali del richiedente all'epoca della decisione sulla domanda". La norma in esame della direttiva lascia dunque agli stati membri la facoltà se trasporla o meno del proprio ordinamento, nel caso dell'Italia, la attuazione della direttiva è avvenuta tramite il D.Lgs. n. 251 del 2007 che non ha ripreso la disposizione dell'art. 8 della direttiva. Come riconosciuto dalla Cassazione (16.2.2012 n. 2294) “ciò significa che quella disposizione non è entrata nel nostro ordinamento e non costituisce dunque un criterio applicabile al caso di specie”. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

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