Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 12902 - pubb. 25/06/2015

Associazioni non riconosciute, annullabilità delle deliberazioni e prevalenza della disciplina speciale di cui all'art. 23, comma 3, c.c. sulla disposizioni di cui all'art. 669-ter c.p.c.

Tribunale Roma, 29 Aprile 2015. Est. Romano.


Associazioni non riconosciute - Deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto - Annullabilità - Procedimento - Distinzione tra associazioni riconosciute e non riconosciute - Partecipazione del pubblico ministero

Associazioni - Annullamento e sospensione delle deliberazioni - Sospensione prevista dal terzo comma dell'articolo 23 c.c. - Natura cautelare

Procedimenti cautelari - Ante causam - Applicazione ai provvedimenti cautelari previsti da specifiche disposizioni contenute nel codice civile - Compatibilità - Necessità - Fattispecie in tema di provvedimenti relativi ad associazioni ex articolo 23, comma 3, c.c. - Prevalenza della disciplina speciale



L’art. 23 c.c., ove dispone che le deliberazioni dell’assemblea contrarie alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell’ente e di qualunque associato, trova applicazione non solo al caso di deliberazioni assunte dall’assemblea degli associati, ma anche a quello di deliberazioni adottate dagli altri organi previsti dallo statuto dell’associazione medesima.

La disposizione, dettata espressamente con riferimento alle associazioni riconosciute, deve, poi, ritenersi analogicamente applicabile, nei limiti della compatibilità della relativa disciplina col mancato riconoscimento della personalità giuridica, anche nelle associazioni non riconosciute come persone giuridiche (salva, ovviamente, diversa previsione convenzionale), in considerazione dell’affinità fra i due tipi di associazione e della ricorrenza, in entrambi, della necessità di regolamentazione del medesimo bilanciamento di interessi (cfr. Cass. 4 febbraio 1993 n. 1408; Cass. 3 aprile 1978, n. 1498; Cass. 15 marzo 1975, n. 1018).

L’unico elemento di distinzione che la giurisprudenza ha avuto modo di tracciare tra le associazioni riconosciute e quelle non riconosciute con riguardo alla procedura prescritta dall’art. 23 c.c. riguarda la necessaria partecipazione al procedimento del pubblico ministero, il quale è parte necessaria (ex art. 70, primo comma, n. 1 c.p.c.) nei giudizi instaurati per l’annullamento delle delibere adottate dalla prima tipologia di associazione e non per quelle adottate dalle seconde. Infatti, il potere di impugnazione conferito dall’art. 23 c.c. al pubblico ministero e, quindi, di partecipazione necessaria al processo d’impugnazione da altri promosso, deve essere escluso quando la domanda di annullamento ha ad oggetto una deliberazione assunta da assemblea (ovvero da altro organo) di associazione non riconosciuta, essendo lo stesso ricollegabile all’assoggettamento delle associazioni riconosciute come persone giuridiche al controllo dell’autorità amministrativa; in quanto tale incompatibile con la mancanza di riconoscimento della personalità giuridica (cfr. Cass. 10 aprile 1990, n. 2983; Cass. 23 gennaio 2004, n. 1148).

Nell’ambito delle associazioni non riconosciute, la deliberazione contraria alla legge ovvero all’atto costitutivo è normalmente annullabile (cfr. Cass. 17 marzo 1975, n. 1018); al pari, del resto, della regola vigente (art. 2377 c.c.) per le deliberazioni di società di capitali (cfr., fra le molte, Cass. 22 luglio 1994, n. 6824; Cass. 23 marzo 1993, n. 3458; Cass. 24 gennaio 1990, n. 420). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Ha indubbiamente natura cautelare il provvedimento di sospensione funzionale a conseguire anticipatamente parte degli effetti dell’azione di annullamento di cui al primo comma dell'art. 23 c.c., onde evitare che il tempo necessario alla decisione, con autorità di giudicato, in ordine alla proposta impugnazione possa vanificare gli effetti pratici cui l’azione è preordinata e, come tale, può essere adottato dal presidente del tribunale o dal giudice istruttore solamente ove sia stata proposta, nelle forme del processo ordinario di cognizione, impugnazione avverso la deliberazione di cui venga assunta la contrarietà alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto dell’ente: il terzo comma dell’art. 23 c.c. prevede infatti espressamente che l’ordinanza di sospensione venga adottata “su istanza di colui che ha proposto l’impugnazione”, indicando nel giudice istruttore e nel presidente del tribunale (in caso di mancata designazione del giudice istruttore dopo l’iscrizione del causa sul ruolo degli affari contenziosi) l’organo giurisdizionale competente all’adozione del provvedimento. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Le disposizioni relative al procedimento cautelare ante causam in tanto possono trovare applicazione ai provvedimenti di natura cautelare previsti da disposizione contenuta nel codice civile in quanto le prime siano “compatibili” con tali provvedimenti (art. 669 quaterdecies c.p.c.). Pertanto, nel rapporto fra le disposizioni rispettivamente contenute nell’art. 669 ter c.p.c. (in tema di competenza cautelare anteriore alla causa di merito) e nell’art. 23, terzo comma, c.c., le seconde prevalgono sulle prime perché costituenti, quanto al procedimento, diritto speciale derogativo del diritto generale; come tale esclusivamente applicabile in luogo del diritto generale, incompatibile con il procedimento previsto dalla norma speciale. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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