Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 567 - pubb. 01/01/2007

Pignoramento di quote di s.r.l. e profili di incostituzionalità

Tribunale Bologna, 14 Maggio 2007. Est. Ferro.


Esecuzione forzata – Pignoramento di quota di società a responsabilità limitata – Quote non liberamente trasferibili – Tutela dell’interesse alla coesione sociale – Fissazione del terzo incanto con ribasso del prezzo – Facoltà di presentazione di altro acquirente di cui all’art. 2471 cod. civ. – Limite alla libera formazione del prezzo di mercato – Ingiustificato pregiudizio dei creditori – Sussistenza – Questione di costituzionalità – Rilevanza.



E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2471 del codice civile e 538 del codice di procedura civile - per contrasto con gli artt. 3, 42, 24 e 111 Cost. - nella parte in cui non prevedono, in caso di mancata vendita della quota pignorata di società a responsabilità limitata anche dopo il secondo incanto e in difetto di altri beni pignorabili del debitore esecutato, la possibilità per il giudice dell’esecuzione di disporre nuovo incanto a prezzo ribassato fino ad un quinto escludendo che la società, nei dieci giorni dall’aggiudicazione, possa presentare un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario, art. 538 c.p.c.

Sequestro di azioni e pignoramento di quote


omissis
osserva in fatto e in diritto

1.  in data 27/29.3.2006 Banca ** procedeva a pignoramento – tra le altre - delle quote di partecipazione di G. G. nella società G. s.r.l., dopo avere intimato il 25.1.2006 il pagamento con precetto della somma di Euro 4.044.237,40, sulla base di decreto ingiuntivo del Tribunale di Bologna del 23.12.2005;

2.  in data 7.4.2006 E. spa sottoponeva a sua volta a pignoramento le quote appartenenti a G. G. nella stessa misura del 20% del capitale sociale di G. s.r.l. e fino a concorrenza di 7.000.000 Euro, avendo agito sulla base di un precetto notificato il 13.1.2006 per un debito di Euro 6.900.467,02, con titolo esecutivo giudiziale (decreto ingiuntivo Trib. Bologna del 5.1.2006);

3.  in data 30 maggio 2006 il debitore depositava in cancelleria dichiarazione ai sensi dell’art. 492 co.4 c.p.c., esponendo che, oltre le quote pignorate della predetta società, non vi erano nel suo patrimonio altri beni ulteriormente aggredibili;

4.  nel corso del processo erano depositati i ricorsi per intervento di Banca A spa;

5.  in seguito alle istanze di vendita il g.e. nominava un custode delle quote (con provvedimenti del 17 e 19 maggio 2006), all’udienza del 7 giugno 2006 dichiarava improseguibile il pignoramento delle quote di altra società partecipata dal debitore (R.F. srl in liquidazione) colpite dal medesimo atto del creditore Banca ** (in ragione della apparente mancanza assoluta di valore delle stesse), dava atto della stima conferita con l’incarico ad esperto contabile il 7.6.2006 e dunque in data 10 luglio 2006 disponeva la vendita all’incanto – ai sensi degli artt. 2471 c.c. e 538 c.p.c. – delle quote del debitore G. quali al medesimo appartenenti nella misura del 20% del capitale sociale di G. s.r.l.; veniva disposta tale forma di vendita poiché era stato constatato il difetto di qualsiasi <<accordo sulla vendita>> tra creditori, debitore e società, condizione da verificarsi in relazione alla qualità della partecipazione sotto il profilo della <<libera trasferibilità>>; dal complesso delle clausole statutarie vigenti all’epoca del pignoramento, non mutate in occasione delle attività interne al presente procedimento esecutivo e comunque fino ad oggi, si evinceva invero che la circolazione delle quote della citata s.r.l. G. è sottoposta alla limitazione di cui agli artt.7-8 e 9: le partecipazioni possono dunque trasferirsi tra vivi solo nel rispetto della procedura prevista all’art. 7, con l’obbligo, a carico del socio che intenda trasferire in tutto o in parte la propria partecipazione, di offrirla preventivamente agli altri soci i quali hanno diritto di acquistarla alle condizioni dal punto a) al punto l) del medesimo articolo; nello statuto era ed è inoltre previsto che solo se nessun socio intenda acquistare la partecipazione offerta nei termini e con le modalità di tale clausola il socio offerente diviene libero di trasferire l’intera partecipazione all’acquirente indicato in preventiva comunicazione da inviare ai soci; tale vincolo alla libera trasferibilità della quota pignorata non è stato mai oggetto di contestazione tra le parti ed invero il g.e., con la citata ordinanza, ha dato atto che per effetto di esso <<l’aggiudicazione si intenderà definitiva se la società, entro 10 giorni dall’aggiudicazione provvisoria in favore del miglior offerente e quale conseguita in udienza, non avrà presentato un altro acquirente per lo stesso prezzo>>, facendosi dunque applicazione della disposizione di cui all’art. 2471 comma 3 seconda parte c.c. in coordinamento con l’art. 534 e s. c.p.c.; tali norme, invero, dettate in materia di espropriazione di beni mobili, possono estendersi anche alla regolazione della espropriazione di un bene, la quota di s.r.l., per la quale con la riforma di cui all’art. 3 co.1 d.lgs. 17 gennaio 2003,n.6 e a decorrere dal 1 gennaio 2004 il pignoramento, ai sensi dell’art. 2471 co.1 c.c., si effettua in modo diretto, con notifica al debitore ed alla società e iscrizione successiva nel registro delle imprese;

6.  nella fattispecie l’asta seguita all’ordinanza di vendita all’incanto fissata per l’udienza del 18.10.2006 è stata dichiarata deserta, essendo la quota rimasta <invenduta>; fatta applicazione dell’art. 538 c.p.c. e dunque fissato un nuovo incanto a prezzo ribassato di un quinto ed ancora avanti al g.e. anche tale esperimento, all’udienza del 9.1.2007, non ha fatto conseguire alcuna aggiudicazione, per mancanza di offerte; in occasione di tale udienza e su sollecitazione officiosa le parti – permanendo dissenso sulla vendita ai sensi dell’art. 2471 co.3 c.c. - hanno interloquito sulla forma di vendita, richiedendosi da parte dei creditori di disporre vendita all’incanto o tramite commissionario, a prezzo eventualmente ribassato fino ad un quinto ma <<in ogni caso dando atto della non ricorrenza per entrambi i casi della facoltà della società G. s.r.l. di indicare all’esito della vendita e nei 10 giorni successivi soggetti diversi dall’eventuale acquirente, contestando perciò la ricorrenza, almeno ora, delle guarentigie di cui all’art. 2471 c.c.>>, un’istanza fatta propria altresì dal debitore G.; a sua volta la società partecipata, G. s.r.l. ha comunque chiesto che, disposta la vendita ancora con incanto e a prezzo ribassato o solo in subordine tramite commissionario, sia in ogni caso salvaguardato ed esplicitato il diritto della società stessa di <<designazione alternativa ai sensi dell’art. 2471 c.c.>>;

7.  rileva questo G.E. che, in effetti, l’indirizzo formatosi, dopo la riforma societaria di cui al d.lgs. 6/03, per cui il pignoramento delle quote societarie si attua nelle forme dirette richiamanti l’esecuzione mobiliare e non più ai sensi dell’espropriazione presso terzi, imponga un coordinamento sia sul piano della forma della vendita sia sul limite sino al quale essa debba a sua volta rispettare il dettato, in apparenza generale, di cui all’art. 2471 c.c.; per esso, in difetto di accordo tra le parti, vi sarebbe in ogni caso l’obbligo da parte del giudice di procedere con una specifica forma (la vendita con incanto) e con la previsione legale della perdita di effetti dell’aggiudicazione se la società, a parità di condizioni di prezzo, indichi un altro acquirente nei 10 giorni successivi; ritiene questo giudice che, qualunque sia la specie di rinvio operata dalla disposizione sostanziale rispetto al codice di rito, nel frattempo e successivamente riformato posteriormente al 1.1.2004 ed in particolare con la legge 24.2.2006,n.52 all’art. 538 c.p.c. e con effetti dal 1.3.2006, dunque da data anteriore al pignoramento, la questione della applicazione di tale guarentigia a favore della società è, nel caso di specie, rilevante; invero la norma di cui all’art. 2471 c.c. appare speciale rispetto alla disposizione del codice di rito in quanto sembra assumere un metodo, la formazione del prezzo per effetto di un pubblico incanto e dunque con la ricerca dell’acquirente in sede di esperimento d’asta, quale procedimento intimamente rispettoso della salvaguardia delle ragioni di coesione realizzate per la società a responsabilità limitata con la clausola che limiti, in qualsiasi modo, la circolazione verso terzi non soci delle relative partecipazioni; sul punto della vendita all’incanto non esistono netti dissensi tra le parti, mentre la questione dell’applicazione di tale regime, pur non ulteriormente previsto in via espressa dal tenore letterale dell’art. 538 c.p.c. e dunque anche per un incanto successivo al secondo andato deserto, potrebbe essere ricomposta opinando, in ragione della ricordata specialità dell’art. 2471 c.c., per una prevalenza di tale norma e dunque la sua necessaria applicazione, in virtù del richiamo di tutte le ulteriori regole di funzionamento dettate dal codice di rito e compatibili, tra cui l’apparente automatismo del ribasso di un quinto del prezzo e successivo incanto <<quando una cosa resta invenduta>>, condizione sussistente non solo per effetto del primo e secondo incanto ma per ogni esperimento successivo, almeno nell’ipotesi in cui la permanenza di tale unico sistema di liquidazione sia imposta – come nel caso – da altra norma;

1.  la questione appare dunque <<rilevante>>, inoltre, in quanto l’adozione della peculiare procedura di vendita all’incanto con il rispetto della facoltà di designazione alternativa da assicurare ancora alla società nei dieci giorni dall’aggiudicazione costituisce un aspetto essenziale del regime specifico della vendita forzata della quota di s.r.l. che, per le caratteristiche di massima trasparenza e pubblicità dell’espropriazione, dovrebbe essere enunciata in modo espresso già in questa fase del processo esecutivo e dunque nel provvedimento giudiziale con cui la stessa vendita è ordinata, costituendo essa uno specifico modello provvedimentale prima ancora che una facoltà collaterale attribuita dall’ordinamento ad un soggetto interessato e scaturente dall’evento, futuro ed incerto, dell’aggiudicazione; così la disposizione di complemento di cui all’art. 490 c.p.c., invero, impone la pubblica notizia di <<tutti i dati che possono interessare il pubblico>> e a sua volta il co.2 dello stesso art. prescrive una speciale pubblicità anche sui siti internet <<in caso di espropriazione di beni mobili registrati per un valore superiore a 25.000 euro>>, condizione ricorrente e già applicata da questo g.e. nella fattispecie, in quanto la quota è stata posta in vendita al primo incanto a 483.000 euro e con ribasso successivo ancora per un prezzo diminuito entro un quinto ma ben superiore a 25.000 euro; la questione risulterebbe, come premesso, rilevante ritenendo il G.E. che il difetto, anche dopo il secondo incanto andato deserto, di una tipologia dell’ordinanza di vendita di quote di s.r.l. che instauri una competitività pura fra offerenti, cioè senza soggezione potenziale alla designazione alternativa dell’aggiudicatario, impone l’applicazione prevalente su ogni modello di vendita, ed ancor più se all’incanto, della prerogativa di cui all’art. 2471 co.3 c.c. e, con esso, il riconoscimento che, allo stato, questo giudice non potrebbe, anche in via definitiva, che emettere un’ordinanza ricognitiva di tale facoltà adattando ad essa le norme sull’espropriazione dei beni mobili;

2.  tale conseguenza provvedimentale è ritenuta altresì <<non manifestamente priva di dubbi circa la sua correttezza costituzionale>>; questo G.E. ritiene che l’applicazione di tale norma, apparentemente resa necessaria dalla complessiva specialità dell’intero comma 3 dell’art. 2471 c.c. e dunque imponendo la necessità di disporre, nonostante il secondo incanto andato deserto e nonostante la dichiarata impossidenza del debitore, ancora la vendita all’incanto, a prezzo ribassato fino ad un quinto ma condizionando la definitività dell’aggiudicazione al mancato esercizio da parte della società del diritto di <<presentare un altro acquirente che offra lo stesso prezzo>>, sia dubitabile di coerenza con le disposizioni costituzionali di cui all’art. 3, 24 e 111 e 42 Cost.;

3.   dagli atti, in particolare dalla stima, dall’andamento delle operazioni di custodia e dal resoconto delle attività espletate dall’ausiliario nella ricerca informativa di possibili acquirenti, è emerso che tale clausola non è estranea al meccanismo determinativo del prezzo finale ed anzi alla stessa effettività della partecipazione di terzi; si tratta di una circostanza che assume rilievo non solo in fatto (con inevitabile opinabilità della ricostruzione della dinamica economica pur versata in atti dal custode e relativa alla formazione dell’incontro tra domanda ed offerta in questo settore di mercato) ma nella misura in cui essa, già in astratto, incida ex art. 42 Cost. sulla proiezione (anche processuale ex art. 24 Cost.) del diritto di credito di coloro che promuovono o partecipano con titolo ex art. 499 c.p.c. al processo esecutivo, i creditori da un lato e sul diritto alla massima valorizzazione del proprio patrimonio, che anche il debitore, dall’altro, esprime; entrambi - come accaduto nell’esecuzione in oggetto – convergono sul medesimo interesse a che il prezzo d’asta si formi secondo un meccanismo competitivo puro; ed allora la deroga all’ordinario regime d’asta, fondato per la generalità dei beni su una rigida competitività e dunque sul solo criterio del prezzo più alto, va qui dubitata laddove assicura all’interesse tutelato dall’art. 2471 c.c. – la protezione della coesione societaria dall’ingresso nella s.r.l. di soggetti non graditi – una prevalenza tale da alterare il modello ottimale del miglior prezzo di mercato, con attribuzione di proprietà se da chiunque offerto, che è invece coerente con l’interesse alla tutela del credito e della proprietà al contempo, alla stregua dell’art. 42 Cost. che tra l’altro protegge altresì l’accessibilità più ampia a chiunque anche della proprietà privata; tale sbilanciamento in favore della società, se posto in termini assoluti e dunque, come nella fattispecie, anche dopo un secondo incanto deserto e pure - ex art. 492 c.p.c. - in mancanza di altri beni su cui i creditori possano soddisfarsi, costituisce all’apparenza un assetto normativo che eccede la sua giustificazione protettiva originaria dell’interesse alla coesione della compagine sociale; esso invero, precludendo che un terzo divenga l’acquirente della partecipazione societaria sulla sola base del prezzo più alto offerto durante l’asta della procedura esecutiva, rivela un irrazionale, anche perché assoluto, indice di debolezza dello statuto normativo della quota; la compresenza della aggiudicazione condizionata alla scelta della società implica, nel sistema dell’art. 2471 c.c., innanzitutto un pregiudizio per il diritto del creditore (del socio di società a responsabilità limitata) in quanto egli, riponendo proprio sulla garanzia patrimoniale offerta dal debitore attraverso quel bene la propria aspettativa di realizzo del credito, mostra di essere preferito dall’ordinamento rispetto alla maggior tutela offerta alla società che, pur non impedendo in assoluto la circolazione anche nell’ambito espropriativo della quota, dunque la sua piena qualità di <<bene>>, conserva un potere - permettere ex post l’aggiudicazione subordinandola alla mancata indicazione di altro socio - che delimita la libera formazione del prezzo di mercato del bene stesso; a tale processo economico, del tutto recepito dai processi esecutivi giurisdizionali che tendono nell’interesse dei creditori e del debitore all’ottimizzazione delle fasi liquidatorie, non può dirsi in alcun modo estranea la sussistenza o meno – come proprio dei regimi di prelazione legale, ad es. nel settore dei beni di vincolo artistico – di delimitazioni soggettive finali preclusive dell’acquisto; le stesse considerazioni debbono esprimersi con riguardo all’esecutato, almeno nell’ipotesi limite verificatasi nella presente procedura esecutiva, ove G. F. – dichiaratosi ex art. 492 c.p.c., anche con responsabilità penale ex art. 388 c.p. in caso di omissione o falsità, privo di altri beni utilmente pignorabili – resta titolare di un patrimonio, segregato nella quota di s.r.l., senza poterne valorizzare, neanche dopo il secondo incanto deserto, ogni potenzialità ai fini della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.; la sua posizione soggettiva, di debitore esecutato che con tale bene di proprietà è privato della libera facoltà di trasferimento della partecipazione societaria, appare ingiustificatamente deteriore – ex att. 42 e 3 Cost. – poiché trattata ad identico modo del socio che voglia autonomamente trasferire inter vivos la quota di una società in cui viga il principio della non libera circolazione, nonostante le due situazioni siano almeno in parte diverse; mentre con la seconda il socio in bonis tende solo al perseguimento dell’interesse egoistico del realizzo dell’investimento da contemperare all’esigenza societaria di barriera all’ingresso, in caso di socio che subisce l’espropriazione dal proprio creditore particolare è la stessa applicazione della regola della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. con tutti i beni a subire, a detrimento del socio-debitore, una compressione; il socio-debitore – come nel caso di specie – patisce una limitazione nel regime di circolazione della quota che, normativamente, non mostra di distinguere situazioni differenti, immotivatamente rese omogenee dalla comune disciplina ispirata all’identico favor verso la elettività della composizione societaria a scapito anche della nozione di patrimonio in sé della quota;

4.  altro profilo vulnerato sembra poi, nell’ambito del processo esecutivo quale contesto di organizzazione della difesa dei diritti di credito e di proprietà e di attuazione con il ministero dello Stato della tutela satisfattiva contro l’inadempiente, l’effettività del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e del diritto ad un giusto processo di ragionevole durata ex art. 111 Cost.; la segregazione patrimoniale conseguita dal debitore attraverso l’allocazione di parte del proprio patrimonio nell’ambito di una partecipazione societaria di s.r.l. ha riconfigurato, in difetto comprovato processualmente di altri beni, la responsabilità patrimoniale dello stesso socio; verso tale soggetto, divenuto debitore di terzi e perciò esecutato, i creditori possono esercitare le sole azioni espropriative di cui al pignoramento di quota che, per i limiti considerati ex art. 2471 c.c., subiscono una rimodulazione attenuativa della loro attitudine satisfattoria; esse cedono a fronte di un interesse che non appare equiordinato, in quanto la guarentigia concessa alla società non è espressione di un trattamento di maggior favore normativamente dato alla condizione soggettiva di un creditore diversamente meritevole; il conflitto, interno al processo, rivela invece un profilo di irrazionalità di tutela ex art. 3 Cost. laddove sacrifica il ceto creditorio rispetto all’esigenza della società di preservazione della coesione soggettiva alla vita societaria; in realtà la cennata alterazione della metodologia di formazione del prezzo, pregiudizievole sia per i creditori sia per il debitore e nonostante la inesistenza di altri beni aggredibili, introduce un’assolutezza di tutela della società non compatibile con un ordinato e celere svolgimento dello stesso processo espropriativo; questo resta vincolato al perseguimento del suo naturale risultato liquidatorio ma, a differenza di ogni altro processo esecutivo, non si può declinare sulla massima valorizzazione del bene messo in vendita,che non è acquistabile dagli interessati per il solo merito competitivo delle offerte; oltre alla cennata obbligatorietà della vendita all’incanto – dovuta alla specialità dell’art. 2471 c.c. – la permanenza ad ogni incanto altresì della prelazione designativa in favore della società confligge con un accesso al processo espropriativo proporzionatamente agevole per il creditore, oltre che ispirato ad una fattibilità in tempi ragionevolmente celeri della fase liquidatoria che, come nella fattispecie, ha assunto un tempo ben eccedente l’ordinario periodo richiesto agli organi di coaudizione, nelle more presposti ad atti conservativi, per la ricerca degli interessati;

p.q.m.

visti gli artt.2471 codice civile, 538 codice di procedura civile, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948,23 legge 11 marzo 1953,n.87;

dichiara, d’ufficio, rilevante e non manifestamente infondata nel presente giudizio la questione di legittimità costituzionale, di cui in motivazione, relativa agli artt. 2471 codice civile e 538 codice di procedura civile - per contrasto con gli artt.3, 42, 24 e 111 Cost. - nella parte in cui tali norme non prevedono, in caso di mancata vendita della quota pignorata di società a responsabilità limitata anche dopo il secondo incanto e pur se in difetto di altri beni del debitore esecutato proprietario della quota, la possibilità per il giudice dell’esecuzione di disporre nuovo incanto a prezzo ribassato fino ad un quinto ma con esclusione della possibilità della società di presentare un altro acquirente che offra lo stesso prezzo entro dieci giorni dall’aggiudicazione;

sospende il presente giudizio;

dispone che la presente ordinanza, a cura della Cancelleria, sia con urgenza notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e trasmessa, insieme a tutti gli atti del procedimento (previa formazione dell’indice ex art. 36 disp.att. c.p.c.) e con la prova delle predette notificazioni e comunicazioni, alla Corte Costituzionale.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio della IV sezione civile del Tribunale 20 aprile 2007.

Bologna, 11 maggio 2007 

depositata 14.5.2007


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