Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19937 - pubb. 13/06/2018

Effetti dell'atto di costituzione in mora compiuto nei confronti di impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria

Cassazione civile, sez. I, 16 Maggio 2018, n. 11966. Est. Fichera.


Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - Interruzione della prescrizione - Atto di costituzione in mora - Destinatari - Impresa in amministrazione straordinaria - Commissario straordinario - Inefficacia - Ragioni



Nel caso di impresa sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l'atto di costituzione in mora proveniente dal creditore è parimenti inefficace, sia se compiuto direttamente nei confronti dell'impresa già ammessa alla procedura, perché essa non può più eseguire pagamenti, ai sensi dell'art. 49 del d.lgs. n. 270 del 1999 – che richiama l'art. 44 l.fall. –, sia se indirizzato al suo commissario straordinario, il quale non ha la libera disponibilità dei diritti e degli obblighi dell'impresa in procedura, essendo idonea a determinare l'interruzione della prescrizione del credito soltanto la presentazione della domanda di insinuazione nello stato passivo.


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente -

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -

Dott. PAZZI Alberto - Consigliere -

Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -

Dott. FICHERA Giuseppe - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

M.O. propose opposizione avverso lo stato passivo della (*) s.p.a., in amministrazione straordinaria (di seguito breviter (*)), in relazione al credito di natura risarcitoria, nascente dall'infortunio sul lavoro subito quando era ancora alle dipendenze della società poi dichiarata in stato di insolvenza.

Con decreto depositato il giorno 7 giugno 2012, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere respinse integralmente l'opposizione, affermando che il credito era andato prescritto, essendo decorsi oltre dieci anni dal primo atto interruttivo della prescrizione, non risultando in atti prova dell'avvenuta comunicazione al datore di lavoro dell'invito a comparire per il tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alla competente direzione provinciale del lavoro; in ogni caso, soggiunse il giudice di merito, non poteva invocarsi, quale idoneo atto interruttivo, la diffida ricevuta direttamente dal commissario straordinario della (*) quando quest'ultima era stata già sottoposta alla procedura concorsuale.

Avverso il detto decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, M.O. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre mezzi, cui resiste con controricorso la (*).

Le parti hanno depositato memorie ex art. 380 - bis c.p.c., comma 1.

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo deduce il ricorrente violazione dell'art. 410 c.p.c., comma 2, nonchè degli artt. 1219, 2943 e 2945 c.c., avendo il tribunale erroneamente ritenuto che la prescrizione del credito non fosse stata interrotta, attraverso la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal ricorrente in seno al verbale di comparizione delle parti, nel corso del tentativo obbligatorio di conciliazione espletato innanzi alla direzione provinciale del lavoro.

Con il secondo motivo lamenta violazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 40, del D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 2, comma 2-bis, nonchè degli artt. 1219 e 2943 c.c., poichè il giudice di merito ha affermato che la diffida ricevuta dal commissario straordinario della (*), non costituiva atto idoneo ad interrompere la prescrizione, pure essendo invece il detto commissario dotato di poteri dispositivi dei diritti della società.

Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice omesso di considerare che anche gli amministratori della società posta in amministrazione straordinaria avevano ricevuto una diffida, analoga a quella pervenuta al suo commissario straordinario, idonea quindi ad interrompere il decorso della prescrizione.

2. Ragioni di priorità logica suggeriscono di esaminare prima il secondo e il terzo motivo del ricorso, che sono all'evidenza connessi e parimenti infondati.

2.1. E' noto il consolidato orientamento di questa Corte, a tenore del quale soltanto la presentazione della domanda di insinuazione del credito nel passivo fallimentare, equiparabile all'atto con cui si inizia un giudizio L.Fall., ex art. 94, determina l'interruzione della prescrizione del credito medesimo, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio generale fissato dall'art. 2945 c.c., comma 2, (Cass. 20/11/2002, n. 16380; Cass. 06/02/2002, n. 1586; Cass. 11/09/1997, n. 8990; Cass. 22/11/1990, n. 11269).

Invero, la costituzione in mora quale mezzo di interruzione della prescrizione non è compatibile con la pendenza della procedura fallimentare - e lo stesso discorso, ovviamente, vale per l'amministrazione straordinaria ex D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, cui è stata assoggettata l'odierna controricorrente -, perchè il fallimento è un procedimento esecutivo concorsuale, nel quale i creditori del fallito debbono presentare domanda agli organi fallimentari per il pagamento dei loro crediti secondo le forme previste dalla L.Fall., artt. 93, 101 e 103, mentre i debiti pecuniari si considerano tutti scaduti alla data di dichiarazione del fallimento.

Sicchè sarebbe del tutto inefficace un atto di costituzione in mora compiuto nei confronti di una società già fallita che, ai sensi della L.Fall., art. 44, non può eseguire pagamenti o comunque atti di adempimento opponibili alla massa, come sarebbe parimenti inefficace un atto di costituzione in mora, per debiti della società in procedura, compiuto nei confronti del curatore, il quale non ha la libera disponibilità dei diritti e degli obblighi della società fallita (vedi Cass. n. 1586 del 2002, cit.).

Del resto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire, con riferimento alla soppressa amministrazione controllata L.Fall., ex art. 191, in cui l'imprenditore pacificamente non era privato della titolarità della propria impresa (tanto da conservare la capacità processuale attiva e passiva in relazione ai giudizi già iniziati) ed il commissario giudiziale non aveva poteri dispositivi del patrimonio di detto debitore, che detto organo - essendo privo della legittimazione a porre in essere atti che, in qualche modo, potessero incidere sul patrimonio dello stesso debitore assoggettato alla procedura - non poteva rendersi destinatario di atti interruttivi della prescrizione (così Cass. 04/06/2007, n. 12953).

2.2. Deve allora affermarsi il seguente principio di diritto: "Nel caso di impresa sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l'atto di costituzione in mora proveniente dal creditore è parimenti inefficace, sia se compiuto direttamente nei confronti dell'impresa già ammessa alla procedura, perchè essa non può più eseguire pagamenti, ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49, - che richiama la L.Fall., art. 44, sia se indirizzato al suo commissario straordinario, il quale non ha la libera disponibilità dei diritti e degli obblighi dell'impresa in procedura, determinando l'interruzione della prescrizione del credito soltanto la presentazione della domanda di insinuazione nello stato passivo".

2.3. Nella vicenda che ci occupa, diviene di conseguenza irrilevante la circostanza che, in data 19 novembre 2010, il ricorrente abbia notificato sia al commissario straordinario della (*), che agli amministratori della medesima società già in amministrazione straordinaria, una diffida e messa in mora in relazione al credito risarcitorio per cui è lite, in quanto la domanda di insinuazione al passivo risulta depositata innanzi alla cancelleria del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere soltanto il successivo 16 dicembre 2010, quando erano già decorsi oltre dieci anni dalla data in cui il lavoratore e la società - allora in bonis - comparvero (il precedente 20 novembre 2000) davanti alla direzione provinciale del lavoro di Padova per il tentativo obbligatorio di conciliazione; dies a quo questo, da cui occorre far decorrere, secondo la tesi del medesimo M., una nuova prescrizione decennale.

3. Alla luce di quanto sopra, il primo motivo resta inammissibile per difetto di interesse, essendo decorso - come visto sopra - oltre un decennio dalla comparizione delle parti innanzi alla direzione provinciale del lavoro, data alla quale il ricorrente, proprio attraverso il motivo in discussione, intende fare risalire il precedente atto interruttivo della prescrizione del suo diritto al risarcimento del danno subito.

4. Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2018.