Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19633 - pubb. 09/05/2018

Opponibilità alla massa della domanda di risoluzione di un contratto avente ad oggetto beni immobili

Cassazione civile, sez. I, 27 Aprile 2018, n. 10294. Est. Paola Vella.


Fallimento - Domanda di risoluzione di un contratto avente ad oggetto beni immobili - Opponibilità alla massa - Trascrizione in data anteriore al fallimento



Affinchè la domanda di risoluzione di un contratto avente ad oggetto beni immobili, promossa dalla parte in bonis prima della dichiarazione di fallimento del contraente inadempiente, sia opponibile alla massa, è necessario, ai sensi della L. Fall., art. 72, comma 5, che essa sia stata ritualmente trascritta; laddove invece quella medesima domanda giudiziale sia proposta dopo la dichiarazione di fallimento, la sua opponibilità resta preclusa dalla L. Fall., art. 45, che rende sempre inopponibili alla massa dei creditori le formalità eseguite successivamente all'apertura del concorso. In questo senso può ben dirsi che la L. Fall., art. 72, comma 5, abbia esplicitamente importato nell'ambito dei rapporti negoziali pendenti il principio di cristallizzazione dell'attivo fallimentare sotteso alla L. Fall., art. 45 legge fall. (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22280 del 25/09/2017). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Dott. Paolo Sironi


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere -

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -

Dott. PAZZI Alberto - Consigliere -

Dott. VELLA Paola - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

1. La società Spinetta 2003 s.r.l., dopo aver stipulato con il Comune di Alessandria una convenzione per la realizzazione di un piano esecutivo convenzionato su terreni di sua proprietà, con contratto di appalto del 5/12/2005 ha affidato alla società (*) s.r.l. la realizzazione di un fabbricato insistente su uno di detti terreni, per il corrispettivo di Euro 275.000,00, di cui Euro 180.000,00 mediante compensazione parziale con il prezzo dovuto a sua volta dall'appaltatrice per l'acquisto dei restanti terreni, in forza di successivo contratto di compravendita del 28/02/2006.

2. Stante la mancata ultimazione dei lavori nel termine previsto, la Spinetta 2003 s.r.l. ha promosso procedimento arbitrale per la risoluzione del contratto di appalto e del contratto di compravendita, ma con lodo del 9/02/2009 il collegio arbitrale ha dichiarato risolto il solo contratto di appalto, stante il proprio difetto di giurisdizione sul contratto di compravendita in quanto privo di clausola arbitrale.

3. Intervenuto il fallimento della (*) s.r.l., con istanza L. Fall., art. 103 la Spinetta 2003 s.r.l. ha chiesto la restituzione dei terreni venduti alla società in bonis, sostenendo che il contratto di compravendita doveva ritenersi risolto per inadempimento dell'acquirente poichè questi, a seguito della risoluzione del collegato contratto di appalto, era stato condannato a restituire al committente la suddetta somma di Euro 180.000,00 (al netto di Euro 120.000,00 liquidate a titolo di indennizzo per le opere già realizzate), oltre al risarcimento dei danni per Euro 1.223.000,00 (v. pag. 3 del ricorso).

4. Avverso il rigetto della domanda da parte del giudice delegato, la società ha proposto opposizione L. Fall., ex art. 98 chiedendo che il tribunale dichiarasse risolto il contratto di compravendita per effetto della già dichiarata risoluzione del contratto di appalto, con conseguente restituzione dei terreni rivendicati.

5. Il Tribunale di Asti ha respinto la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni: a) "la dichiarazione di fallimento determina la sospensione dei rapporti giuridici pendenti in attesa che il curatore... eserciti la propria facoltà di (eventuale) successione nei relativi contratti (v. L. Fall., art. 72)"; b) stante la vis actractiva del fallimento, "è inammissibile qualsivoglia iniziativa/azione proposta ex novo (successivamente alla sent. dich. del fall.) ad opera del contraente in bonis", fatti salvi la possibilità di insinuare il credito al passivo e "gli effetti cd. prenotativi della trascrizione della domanda (L. Fall., art. 72,... che però nella specie è del tutto mancata, il che impedisce di attribuire alla risoluzione data certa anteriore al fallimento"; c) in ogni caso, "sarebbe stato onere di parte dimostrare... il dedotto collegamento negoziale fra la vendita (peraltro, significativamente, successiva) e l'appalto, rapporto di strumentalità che manca, non è stato neppure offerto di provare, nè è dato riscontrare, fermo l'assorbente rilievo della mancata trascrizione della domanda"; d) per costante giurisprudenza colui che intende "paralizzare l'azione esecutiva collettiva non può ricorrere al rimedio di cui alla L. Fall., art. 103, nè al reclamo di cui alla L. Fall., art. 26 ma deve esperire l'opposizione di terzo all'esecuzione nei confronti del curatore".

6. Avverso detto decreto, depositato il 05/08/2014 e non notificato, la Spinetta 2003 s.r.l. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, notificato in data 03/09/2014 alla curatela del Fallimento (*) s.r.l., che ha resistito con controricorso.

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si deduce "violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 72 in relazione all'art. 2652 c.c., n. 1", per avere il tribunale rilevato la mancanza di data certa della risoluzione del contratto di compravendita, quando in realtà la relativa domanda era stata proposta nei confronti del Curatore, senza che ciò fosse impedito dalla mancata trascrizione ai sensi della L. Fall., art. 72, costituendo essa non già una condizione di procedibilità, bensì uno strumento a finalità prenotativa e informativa.

2. Con il secondo si lamenta l'"omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio", per avere il tribunale omesso di considerare che la ricorrente aveva prodotto i due contratti in questione e "null'altro era necessario per ritenerne il collegamento o meno".

3. Il terzo mezzo censura, infine, la "violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 98" sul presupposto che nelle procedure fallimentari aperte successivamente all'anno 2006 l'unico rimedio per ottenere la restituzione di un bene appreso dal Curatore sarebbe proprio l'opposizione L. Fall., ex art. 98, e non più l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c..

4. La decisione impugnata merita conferma, sebbene sorretta da una motivazione parzialmente errata (a partire dal riferimento alla facoltà del curatore di "successione" nei rapporti giuridici pendenti) e quindi da correggere, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., u.c..

5. Invero, la dichiarazione di fallimento non preclude ex sè la proposizione di una domanda di risoluzione (sia essa di natura dichiarativa, in presenza di clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., o costitutiva, per inadempimento colposo ex art. 1453 c.c.) ove finalizzata a far valere in sede concorsuale le conseguenti pretese restitutorie e risarcitorie, nelle forme della L. Fall., artt. 103 e 93 e ss. (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3953 del 29/02/2016; cfr. Cass. n. 9488/2013). Tuttavia, laddove si tratti - come nel caso di specie - di beni immobili, occorre anche tener conto sia del criterio di opponibilità posto dalla L. Fall., art. 45, sia del principio contenuto nella L. Fall., art. 72, comma 5, come novellato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (pacificamente applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) che, con riguardo alla domanda di risoluzione avanzata dal contraente in bonis prima della dichiarazione di fallimento, ha espressamente imposto il rispetto della disciplina sulla efficacia della trascrizione della domanda ai fini della sua opponibilità alla massa dei creditori, così codificando il pregresso orientamento giurisprudenziale che già predicava l'opponibilità della sentenza di accoglimento della domanda di risoluzione di un contratto di compravendita per inadempimento dell'acquirente con i conseguenti effetti restitutori - anche se trascritta successivamente alla dichiarazione di fallimento del convenuto, a condizione, però, che la relativa domanda fosse stata trascritta prima (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2439 del 03/02/2006; cfr. Cass. n. 6713/1982).

6. Le regole suddette sono del resto emanazione del principio generale per cui, ai sensi dell'art. 2652 c.c., comma 1, n. 1), le domande giudiziali di risoluzione dei contratti traslativi di diritti reali su beni immobili (come quello per cui è causa) devono essere trascritte nei registri immobiliari per poter produrre l'effetto prenotativo rispetto alla successiva sentenza che ne dichiari la risoluzione, la quale diversamente resta inopponibile ai terzi che abbiano precedentemente trascritto un titolo di acquisto.

7. Pertanto, affinchè la domanda di risoluzione di un contratto avente ad oggetto beni immobili, promossa dalla parte in bonis prima della dichiarazione di fallimento del contraente inadempiente, sia opponibile alla massa, è necessario, ai sensi della L. Fall., art. 72, comma 5, che essa sia stata ritualmente trascritta; laddove invece quella medesima domanda giudiziale sia proposta dopo la dichiarazione di fallimento, la sua opponibilità resta preclusa dalla L. Fall., art. 45, che rende sempre inopponibili alla massa dei creditori le formalità eseguite successivamente all'apertura del concorso. In questo senso può ben dirsi che la L. Fall., art. 72, comma 5, abbia esplicitamente importato nell'ambito dei rapporti negoziali pendenti il principio di cristallizzazione dell'attivo fallimentare sotteso alla L. Fall., art. 45 legge fall. (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22280 del 25/09/2017).

8. Così ricostruito il quadro normativo, è evidente l'infondatezza del primo motivo di ricorso, poichè è pacifico che la domanda di risoluzione del contratto di compravendita immobiliare per cui è causa non sia stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, nè, del resto, avrebbe potuto essere trascritta successivamente, ostandovi, appunto, il disposto della L. Fall., art. 45.

9. Da ciò consegue l'assorbimento del secondo motivo, peraltro diretto a censurare una ratio decidendi - la mancanza di prova del collegamento negoziale tra il contratto di appalto ed il successivo contratto di compravendita - espressamente formulata ad abundantiam rispetto al rilievo principale ed assorbente della mancata trascrizione della domanda.

10. Per le stesse ragioni resta assorbito anche il terzo motivo, per quanto diretto a censurare una statuizione del tutto erronea (la necessità di esperire l'opposizione di terzo all'esecuzione, piuttosto che l'istanza L. Fall., ex art. 103), evidentemente in forza di un orientamento giurisprudenziale formatosi in epoca antecedente la riforma fallimentare, quando la L. Fall., art. 103 disciplinava le domande di rivendicazione, restituzione e separazione dei soli beni mobili, mentre il novellato L. Fall., art. 52, comma 2, prevede notoriamente l'accertamento anche dei diritti immobiliari "secondo le norme stabilite dal Capo 5^".

11. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2018.