Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 914 - pubb. 01/07/2007

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Appello Brescia, 16 Settembre 1998. Est. Nalin.


Revocatoria fallimentare - Fattispecie in tema di ipoteca volontaria costituita a garanzia di debito preesistente non scaduto.



 


 


La Corte d’Appello di Brescia, Sezione seconda

civile, composta dai Sigg.:

LUSSANA Dott.      Giulio Presidente

NALIN Dott. Giuseppe Consigliere

CALAMITA Dott. Giovanni Consigliere

ha pronunziano la seguente

SENTENZA

Nella causa civile promossa con atto d’appello notificato il giorno 4 ottobre 1995 n. 13603 cron. UNEP del Tribunale di Mantova e posta in deliberazione all’udienza collegiale dal 16 dicembre 1998

Da

BANCA AGRICOLA MANTOVANA S.c.r.l.,  in persona  del legale rappresentante

C o n t r o

FALLIMENTO VERDI PAOLO  in persona del Curatore dr. Nicola MALAVASI

APPELLATO ED APPELLANTE INCIDENTALE

In punto: appello a sentenza del Tribunale di Mantova in data 29 giugno/11 agosto 1995

CONCLUSIONI

Dell’appellante:

Diversis ex adversis reiectis, in riforma della appellata sentenza:

Nel merito: Ammettersi al passivo del fallimento VERDI PAOLO il credito garantito da ipoteca volontaria iscritta in data 18 settembre 1992, pari a £121.393.869 (di cui £.100.000.000 per residuo del mutuo ipotecario n. 98892/0, valuta 14 settembre 1992; £ 20.768.869 quali interessi convenzionali dal 15 settembre 1992 al 19 febbraio 1993; £ 625.000 quale commissione trimestrale dello o,125% per n. 5 trimestri), oltre ulteriori interessi ex art. 55 l.f. e 2855 c.c. dal 20 febbraio 1993 al saldo, con riconoscimento del diritto di prelazione sull’immobile ipotecato;

Con vittoria di spese diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.

Dell’appellato:

Si chiede che l’Ecc.ma Corte di Appello di Brescia voglia:

nel merito: rigettare l’appello formulato dalla Banca Agricola Mantovana, confermando integralmente la sentenza del Tribunale di Mantova n.664/95.

Con vittoria nelle spese ed onorari del giudizio.

In via di appello incidentale: nella denegata ipotesi che si volesse ritenere scaduto il debito preesistente garantito a mezzo dell’ipoteca  volontaria, revocarsi il pagamento della somma di £.100.000.000, o di quella diversa di giustizia, effettuato, mediante  versamento della stessa in data 14 settembre 1992 sul conto corrente n. 160/061/0037843/7 intestato a VERDI PAOLO ed acceso presso la Banca AGRICOLA MANTOVANA in ogni caso con la vittoria nelle spese ed onorari di causa.

In via subordinata istruttoria: disporsi C.T.U. al fine di accertare sulla base dei documenti acquisiti: A) se, relativamente al c/c n. 160/061/0037843/7 acceso presso la Banca AGRICOLA MANTOVANA- intestato a VERDI PAOLO nel corso dell’anno 1992,si siano manifestati sconfinamenti ed in caso positivo, se ne indichi l’ammontare; B) se e in quale momento e con quali mezzi finanziari tali sconfinamenti siano stati ripianati.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con domanda depositata presso la cancelleria del Tribunale di Mantova in data 11 febbraio 1994 la Banca Agricola Mantovana società cooperativa a responsabilità limitata chiedeva di essere ammessa al passivo del fallimento VERDI PAOLO per il proprio credito, dell’importo complessivo di lire 205.861.194, in via privilegiata ipotecaria.

Nella formazione dello stato passivo, Il Giudice Delegato ammetteva il credito in via chirografaria, rilevando che l’ipoteca giudiziale era stata iscritta entro l’anno della dichiarazione del fallimento e non si era, pertanto, consolidata.

Con ricorso tempestivamente depositato nel perentorio termine di giorni 15 dal ricevimento della comunicazione del deposito in cancelleria dello stato passivo definitivamente formato, la Banca Agricola Mantovana proponeva rituale opposizione avverso il provvedimento di esclusione del privilegio ipotecario.

L’opponente dava atto che l’ipoteca giudiziale iscritta a garanzia del credito per saldo di conto corrente non si era consolidata e pertanto ammetteva che correttamente non ne erano stati riconosciuti gli effetti in ragione della sua revocabilità ex art. 67, comma primo, n. 4 L.F., tuttavia rilevava che il credito di lire 121.393.869 (per residuo di mutuo ipotecario e per interessi convenzionali maturati dalla data del fallimento), oltre ulteriori interessi ex artt. 55 L.F. e 2855 c.c., trovava ragione della propria prelazione nel contratto di mutuo ipotecario e nella conseguente iscrizione ipotecaria volontaria in data 18 settembre 1992, antecedente di oltre un anno alla data del fallimento e pertanto consolidatasi.

All’udienza fissata dal giudice delegato per la comparizione della ricorrente e del curatore, quest’ultimo si costituiva in giudizio per resistere all’opposizione, deducendo che anche gli effetti della ipoteca volontaria dovevano essere esclusi in sede di formazione dello stato passivo, trattandosi di ipoteca revocabile ex art.67, comma primo, n. 3 L.F., perché costituita nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento e destinata dalle parti a garantire un  debito preesistente non scaduto.

Con sentenza n. 664/95, depositata l’11 agosto 1995, l’adito Tribunale rigettava l’opposizione e condannava la Banca Agricola Mantovana alla refusione delle spese.

Rilevava che dagli estratti conti e dalla documentazione bancaria emergeva: che la somma di lire 100 milioni era stata direttamente accredita, in data 14 settembre 1992, sul conto corente n. 37843/7 acceso dal VERDI presso la B.A.M; che detto conto era affidato per lire 35 milioni e presentava, all’epoca, un saldo negativo, per valuta, di oltre 62 milioni di lire, mentre, subito dopo l’accredito, presentava un saldo attivo di circa 38 milioni di lire.

Ciò dimostrava che il rapporto di mutuo non aveva avuto alcuna autonomia economica rispetto al rapporto debitorio in essere in virtù del contratto di conto corrente, giacchè VERDI non aveva ricevuto neppure per un momento la libera ed esclusiva disponibilità della intera somma mutuata, che era stata erogata mediante un’operazione meramente contabile di transito sul conto corrente  negativo.

In tal modo la Banca, già creditrice di lire 62 milioni in chirografo, era divenuta creditrice di lire 100 milioni (importo apparentemente mutuato) con garanzia ipotecaria, e debitrice di 38 milioni di lire, pari al saldo attivo del conto corrente, e, quindi, fatta la somma algebrica, era risultata creditrice ipotecaria di lire 62 milioni.

La Banca aveva, così realizzato un negozio indiretto, attraverso il quale aveva perseguito e raggiunto lo scopo di dare una garanzia successiva al preesistente credito di 62 milioni. Nulla contava il successivo sviluppo del rapporto di conto corrente, con aggravamento della posizione debitoria del VERDI al quale non era stato revocato l’affidamento, né era stato impedito lo sconfinamento sino ad oltre 70 milioni di lire (raggiunto allorchè era intervenuto il giro a sofferenze).

Il vantaggio ottenuto consisteva nella trasformazione di un rapporto debitorio non garantito in uno garantito ipotecariamente, con lesione della par condicio ex art. 67, comma  primo, n. 3 della legge fallimentare.

Il debito (rappresentato dal saldo  passivo del conto corrente) non era scaduto, poichè l’affidamento non era stato revocato e quindi la Banca non poteva esigere il pagamento immediato del corrispondente importo. Per tale parte la costituzione di ipoteca volontaria integrava tutti gli estremi dell’art. 67, comma primo, n. 3 L.F. e, per il principio dell’indivisibilità dell’ipoteca, l’esclusione del privilegio ipotecario andava estesa a tutto il rapporto garantito.

Essendo stata accolta l’eccezione revocatoria della garanzia formulata dalla curatela, non rimaneva spazio per la domanda revocatoria ex art. 67, comma primo, n. 2 L.F. proposta in via riconvenzionale alternativa.

Avverso tale sentenza proponeva appello la Banca Agricola Mantovana, la quale deduceva un unico motivo e chiedeva che, in riforma della gravata pronuncia, venisse ammesso al passivo del fallimento VERDI PAOLO il credito garantito da ipoteca volontaria iscritta in data 18 settembre 1992, pari a lire 121.393.869 ( di cui L.100.000.000 per residuo del mutuo ipotecario; L.20.768.869 per interessi riconvenzionali dal 15 settembre 1992 al 19 febbraio 1993; L. 625.000 quale commissione trimestrale dello 0,125% per n. 5 trimestri), oltre ulteriori interessi ex art. 55 L.F. e 2855 c.c. dal 20 febbraio al saldo, con riconoscimento del diritto di prelazione sull’immobile ipotecato. Il tutto con vittoria di spese per entrambi i gradi del giudizio.

Resisteva l’appellato fallimento, il quale contestava la fondatezza dell’interposto gravame e ne chiedeva il rigetto, con rifusione delle spese del grado. In via di appello incidentale subordinato chiedeva che, nella denegata ipotesi che si volesse ritenere scaduto il debito preesistente garantito a mezzo dell’ipoteca volontaria, venisse revocato il pagamento della somma di lire 100.000.000, o di quella diversa che fosse risultata di giustizia, effettuato mediante versamento della stessa somma in data 14 settembre 1992 sul conto corrente intestato a VERDI PAOLO ed acceso presso la Banca Agricola Mantovana. In via subordinata istruttoria chiedeva disporsi consulenza tecnica d’ufficio al fine di accertare sulla base dei documenti acquisiti, se sul conto corrente intestato al VERDI si fossero manifestati, nel corso dell’anno 1992, sconfinamenti ed eventualmente di quale ammontare, nonché se, quando e con quali mezzi finanziari, detti sconfinamenti fossero stati ripianati.

All’udienza collegiale del 16 dicembre la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni delle parti così come sopra trascritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo di gravame dedotto, la Banca Agricola Mantovana si duole che il Tribunale abbia omesso di considerare che mancava, nel caso di specie, l’ulteriore elemento di fatto richiesto dalla giurisprudenza perché possa configurarsi l’ipotesi di cui all’art. 67, comma primo, n. 3 L.F., cioè la sussistenza di vincoli di disponibilità della somma mutuata con accredito sul conto corrente passivo. La giurisprudenza della Suprema Corte citata dal Fallimento si riferisce al caso in cui l’importo del mutuo sia utilizzato per ripianare un’esposizione in chirografo, con la conseguenza che alla fine la Banca mutuante rimane creditrice della sola somma data a mutuo, garantita da ipoteca. Il solo fatto dell’accredito in conto corrente che presenti un saldo passivo non è elemento sufficiente per ritenere l'operazione alla stregua di una acquisizione di garanzia per un debito preesistente non scaduto, occorrendo verificare se le somme accreditate siano state o meno sottratte alla disponibilità del cliente. E’ prassi che le banche facciano transitare le somme date a mutuo sul conto corrente, senza consegnarle a mani del cliente.

Nella fattispecie, al VERDI non è stata affatto sottratta la disponibilità dei 100 milioni di lire avuti in mutuo, in quanto lo stesso ne ha concretamente usufruito e disposto, sino a tornare da un saldo attivo di 43 milioni (quale si presentava subito dopo l’accredito del muto concesso) ad un passivo di oltre 70 milioni di lire (al momento del giro a sofferenze, avvenuto il 29 giugno 1993). La massima della sentenza 18 novembre 1992 n. 12342 della Corte di Cassazione, invocata ex adverso, presuppone che il mutuatario non acquisisca la disponibilità della somma mutuata.

Nel caso in esame le somme sono state in concreto messe a disposizione del VERDI e dallo stesso utilizzate, senza che la Banca traesse dall’operazione alcun vantaggio. Non si tratta, invero, di somma solo fittiziamente messa a disposizione del mutuatario ed in realtà destinata a ripianare una preesistente esposizione di conto corrente. Il parlare, come ha fatto la sentenza impugnata, di negozio indiretto o di collegamento negoziale presuppone che la Banca conoscesse lo stato di insolvenza del cliente. Ma ciò non è avvenuto nella fattispecie, in cui la Banca ha dimostrato che nessun elemento poteva indurre a ritenere che il VERDI fosse in difficoltà economiche.

Il motivo non è fondato.

Ricorrono, infatti, nel caso in esame, i presupposti di cui all’art. 67, comma primo, n. 3 della legge fallimentare, cioè che l’ipoteca sia stata iscritta, nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, a garanzia di un debito preesistente non scaduto e non, come sostiene l’appellante, a garanzia del mutuo contestualmente concesso.

Quanto al limite temporale, esso non è discussione.

Quanto alla preesistenza del debito effettivamente garantito, basta esaminare l’estratto conto del VERDI al 15 settembre 1992, per rilevare come lo stesso evidenziasse uno scoperto, in data 31 agosto 1992, pari a lire 56.129.116, in seguito aumentato, e ciò a fronte di un’apertura di credito utilizzabile fino a lire 35 milioni. In data 14 settembre 1992 si rileva il versamento della somma di lire 100 milioni, pari a quanto erogato con il mutuo di cui all’atto in pari data.

In realtà, però, tale somma non viene lasciata alla disponibilità del VERDI ma viene utilizzata per compensare il debito già esistente.

Il mutuatario non ha mai avuto la disponibilità effettiva della somma mutuata, che non è stata fatta semplicemente e normalmente “ transitare su conto corrente”, come afferma l’appellante, ma è stata fatta transitare su un conto corrente con scoperto notevolmente superiore all’apertura di credito ed ivi si è operata un’immediata compensazione.

Non è esatto, in relazione alla fattispecie, che “il semplice fatto dell’accredito delle somme mutuate su un conto corrente con saldo negativo, in sé e per sé considerato, non esclude il fatto che possa trattarsi, nella maggior parte dei casi, di un mutuo che ha una sua ragione autonoma e distinta dall’esposizione in conto corrente”, come afferma l’appellante. In realtà, l’esame non è mai stato limitato al semplice” accredito in sé e per sé considerato”, ma si è avuto riguardo all’accredito, alla contestuale compensazione e, non ultimo, al fatto che fu proprio la Banca, già creditrice, a concedere la somma a mutuo. E’ l’operazione quale concretamente realizzata che dimostra il vero intento dell’istituto di credito. Né l’appellante ha mai dimostrato che il mutuo avesse, in concreto, una ragione di essere autonoma e distinta dall’esposizione in conto corrente.

Quindi , il mutuo è operazione, anche se giuridicamente autonoma, nel caso di specie in realtà funzionalmente collegata al conto corrente e allo scoperto in esso presente.

Ciò che è irrefutabilmente dimostrato dall’operazione realizzata è che la finalità della Banca era di garantire un debito preesistente che garantito non era. Ed è ovvio che l’affidamento al VERDI non sia stato  revocato, poiché diversamente si sarebbe reso manifesto il vero scopo dell’operazione ed inoltre la Banca avrebbe dato prova di conoscere lo stato di insolvenza in cui il medesimo versava.

Il comportamento successivo della Banca, (consistente nella mancata revoca del fido e nel mancato ordine di “ rientro”, nonché nella dilatazione dello scoperto sino alla somma di oltre 70 milioni di lire), sul quale tanto insiste la difesa della appellante, è indifferente ai fini del giudizio, perché ormai la Banca aveva già ottenuto la garanzia che l’avrebbe posta in condizioni più favorevoli, in sede di formazione dello stato passivo, con lesione della “par condicio creditorum”.

Quanto al secondo requisito necessario per la revocatoria ex art. 67, comma primo, n. 3 L.F., cioè al fatto che il debito preesistente non fosse scaduto, è agevole osservare che tale presupposto non è mai stato contestato dalla difesa della Banca Agricola Mantovana. D’altra parte, è pacifico che il conto era affidato solo fino a concorrenza della somma di lire 35 milioni, che il conto era ancora in essere e che la Banca non ha invitato il VERDI al “rientro”, con la conseguenza che il debito garantito non poteva considerarsi scaduto.

Va ricordato, altresì, che la costante giurisprudenza distingue, in tema di versamenti in conto corrente, quelli che vanno a ripianare esposizioni superiori ai limiti dell’affidamento, dei quali afferma il carattere solutorio, da quelli semplicemente diretti a reintegrare la provvista.

Per la parte di debito contenuta nei limiti del fido, non era configurabile, come ha correttamente osservato il Tribunale, un credito esigibile della Banca verso il correntista, sicchè il debito, quanto meno per quella parte, non era scaduto. E per il principio della indivisibilità dell’ipoteca, la garanzia doveva essere revocata per intero.

Da ultimo va contestato quanto affermato dall’istituto di credito appellante in ordine alla “scientia decoctionis”, dovendosi negare che la Banca abbia esaurientemente dimostrato che nessun elemento poteva indurre a ritenere che il VERDI fosse in difficoltà finanziarie (il relativo onere probatorio gravava senz’altro sull’opponente).

Dalla prodotta visura risulta, infatti, che a carico del VERDI era già iscritta un’ipoteca per lire 400 milioni a garanzia di un capitale di lire 200 milioni. Ciò doveva costituire un chiaro segnale d’allarme per una Banca, anche in assenza dei tipici indici costituiti dai protesti cambiari o dall’esistenza di procedure esecutive.

Il rigetto dell’impugnazione comporta la condanna della appellante alla refusione, in favore dell’appellato Fallimento, delle spese del grado, liquidate in complessive lire 5.285.000, di cui lire 1.685.000 per diritti di procuratore e lire 3.400.000 per onorari di avvocato, oltre agli accessori di  legge.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando,

rigetta

l’appello proposto dalla Banca Agricola Mantovana s.c.r.l. avverso la sentenza n. 664/95 del Tribunale di Mantova, depositata l’11 agosto 1995

condanna

la Banca appellante a rifondere al Fallimento VERDI PAOLO le spese del grado, liquidate in complessive lire 5.285.000, oltre gli accessori di legge.

Corte d’Appello di Brescia, 16 settembre 1998.