Responsabilità giuridica del liquidatore sociale verso i creditori non soddisfatti – Principio della par condicio creditorum nell’esecuzione delle attività liquidatorie extraconcorsuali – Responsabilità civile dell’organo di gestione per mancato adempimento di debito sociale – Onere della prova a carico del creditore sociale in ordine al mancato rispetto della par condicio creditorum – Onere della prova a carico del liquidatore sociale circa le cause che hanno originato l’insufficienza dell’attivo societario.
L'art. 2495 c.c., nel comma 1, prevede che, una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori debbano chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese e, nel comma 2 stabilisce che, ferma restando la sua estinzione, dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possano far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza del riparto andato a loro favore e, nei confronti dei liquidatori, senza limitazione, se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa.
A prescindere dalla successiva apertura di una procedura concorsuale, il principio della par condicio creditorum è un corretto parametro per considerare la sussistenza e l'entità di una lesione del credito avvenuta per opera del liquidatore nella fase di liquidazione del patrimonio della società, valendo esso come criterio generale per disciplinare la fase di pagamento dei debiti sociali nel corso della liquidazione. Tale principio, infatti, è ricavabile dalle norme generali che, negli artt. 2740 e 2741 del codice civile, regolano il concorso dei creditori e le cause di prelazione e prescrivono l'obbligo del debitore di effettuare i pagamenti rispettando il diritto dei creditori ad essere egualmente soddisfatti, salvo le cause legittime di prelazione.
L'inadempimento contrattuale di una società di capitali nei confronti di un terzo (sia esso socio o creditore) non implica automaticamente la responsabilità risarcitoria degli amministratori – o dei liquidatori - nei confronti dell'altro contraente, atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, richiede la prova – a carico del creditore insoddisfatto - di una condotta - dolosa o colposa - degli amministratori o dei liquidatori, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente.
Sussiste la responsabilità aquiliana del liquidatore (e, più in generale, - dell'amministratore) in caso di mancato pagamento di un debito sociale derivante da un'attività compiuta dal liquidatore nell'esercizio delle sue funzioni e grava sul creditore rimasto insoddisfatto l'onere di dedurre e allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum, tenuto conto della legittima causa di prelazione di cui beneficiava ex lege il suo credito.
Il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva tale da renderla insufficiente a soddisfare un credito non appostato nel suddetto bilancio, ma comunque provato quanto alla sua sussistenza già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso ai sensi dell’art. art. 2495 c.c. comma 2, nel caso in cui da parte di quest’ultimo, assolvendo l’onere probatorio che ad egli compete, sia allegato e dimostrato che nella gestione operata il liquidatore abbia eseguito pagamenti in spregio del principio della par conditio creditorum, nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c., comma 2.
Per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in relazione al dovere di svolgere un'ordinata gestione liquidatoria del patrimonio destinato al pagamento dei debiti sociali, il liquidatore, ha l'onere di allegare e dimostrare che l'intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, fatte salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741, c.c. (Gianni Tognoni) (riproduzione riservata) Cassazione civile, sez. III, 15 Gennaio 2020, n. 521. Segue...